Le dimissioni del Dalai Lama
Il capo spirituale buddista ha annunciato che lascerà la guida del governo tibetano in esilio
Durante un discorso in occasione dell’anniversario delle rivolte del 1959, il Dalai Lama ha annunciato la sua intenzione di dimettersi dalla guida del governo tibetano in esilio e passare il potere a un leader eletto democraticamente. Parlando a Dharamsala, la città indiana al confine col Tibet che è sede del governo, Tenzin Gyatso ha spiegato che questo processo comincerà il prossimo 14 marzo. La decisione era attesa da tempo.
«Dagli anni Sessanta ho ripetuto più volte che i tibetani hanno bisogno di un leader eletto liberamente dal popolo, a cui io possa passare il potere. Ora è giunto il momento di dare attuazione a questo processo». Il Dalai Lama vive a Dharamsala, così come il resto del governo tibetano, proprio dalle fallite rivolte del 1959 contro le autorità cinesi. «La Cina è una potenza emergente e sono ammirato dai progressi economici che ha fatto», ha aggiunto «ha anche la potenzialità per offrire un grosso contributo al progresso umano e alla pace nel mondo. Ma per farlo, deve guadagnare il rispetto della comunità internazionale. Perché questo accada deve prima di tutto assicurare libertà d’espressione e di stampa». Quindi il Dalai Lama ha chiarito di non chiedere l’indipendenza del Tibet ma di volere soltanto che gli venga riconosciuta un’autonomia significativa.
Nei giorni scorsi a Delhi le autorità indiane hanno arrestato oltre trenta monaci tibetani che protestavano davanti all’ambasciata cinese. I monaci sventolavano le bandiere del Tibet e cantavano «Tibet libero» e «Vogliamo libertà». La Cina ha recentemente inasprito le restrizioni sui viaggi in Tibet in vista del terzo anniversario delle proteste del marzo 2008, quando le autorità cinesi decisero di reprimere la rivolta dei monaci con un violento intervento militare.