Delle due una
O il reato di Berlusconi non ha niente di ministeriale, o Berlusconi non ha niente di ministeriale, spiega Valerio Onida
Valerio Onida, giurista e già presidente della Corte Costituzionale, scrive oggi sul Sole 24 Ore perché il conflitto di attribuzione sulle accuse contro Silvio Berlusconi sia legittimo, ma al tempo stesso sia una linea di difesa “palesemente capace di compromettere, sul piano politico e dell’opinione pubblica, la credibilità dell’accusato”.
L’ipotesi che la Camera dei deputati sollevi conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale contro i pubblici ministeri e i giudici di Milano con riguardo ai procedimenti instaurati nei confronti del presidente del Consiglio non è fuori della realtà, costituzionalmente parlando. I problemi di procedura (delibera dell’Ufficio di presidenza o dell’aula, pareri delle diverse giunte e commissioni) non sono dirimenti. L’organo titolare del potere di sollevare il conflitto è la Camera. Ma quale conflitto?
La decisione di affidare i giudizi alla procedura ordinaria ovvero a quella speciale prevista per i reati “ministeriali”, cioè compiuti nell’esercizio delle funzioni di governo, non spetta, tanto meno in esclusiva, alla Camera, ma agli organi giudiziari che applicano la legge, fino, eventualmente, alla Cassazione. Infatti si tratta di due procedimenti entrambi di competenza, per il giudizio, della magistratura ordinaria. La differenza è che, se il fatto è compiuto nell’esercizio delle funzioni di governo, il giudizio deve essere preceduto dall’autorizzazione (chiesta dall’apposito collegio giudiziario chiamato Tribunale dei ministri) della Camera dei deputati; e questa può, con un voto a maggioranza assoluta, negare tale autorizzazione, ma – attenzione – solo giudicando (insindacabilmente) che l’imputato «abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo».
La Camera non può dunque rivendicare un potere (inesistente) di decidere sul carattere ministeriale del reato, ma potrebbe, in ipotesi, di fronte a giudici che procedono ritenendo che il reato non sia tale, sollevare conflitto per lamentare la violazione della sua attribuzione ad autorizzare il procedimento in quanto, a suo avviso, concernente invece un reato di carattere ministeriale. E a decidere, in questo caso, non potrebbe essere che la Corte costituzionale, cui spetta appunto dirimere i conflitti fra poteri concernenti le rispettive attribuzioni costituzionali.
Dunque: i giudici, fino a quando non intervenga una decisione contraria della Corte costituzionale (anche, eventualmente, in via provvisoria e cautelare, in attesa della risoluzione finale del conflitto) legittimamente procedono secondo la propria valutazione. Se (e solo se) la Corte accogliesse il ricorso, ritenendo il reato di carattere ministeriale, i giudici dovrebbero fermarsi e rimettere la procedura sui binari segnati per questo tipo di reato, compresa la necessaria delibera di autorizzazione a procedere della Camera.
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