La Colombia cerca nuovi alleati
Gli Stati Uniti diminuiscono gli aiuti e il presidente colombiano cerca nuovi alleati in Cina e Sudamerica
Il presidente della Colombia Juan Manuel Santos vorrebbe indirizzare la politica estera del suo paese in una direzione diversa rispetto al convinto americanismo del predecessore Alvaro Uribe. Le insoddisfazioni nei confronti dell’amministrazione Obama vengono da un accordo commerciale in fase di stallo e da una costante diminuzione dell’aiuto americano nella lotta contro le FARC. Gli aiuti degli Stati Uniti alla Colombia sono stati recentemente tagliati di 350 milioni di dollari. Le questioni in sospeso hanno fatto sì che Obama eviti Bogotá nel tour dei paesi sudamericani che questo mese toccherà Brasile, Cile ed El Salvador.
Santos, eletto lo scorso agosto, ha detto che la politica estera americana è troppo assorbita dall’Iraq e dall’Afghanistan, e cura di meno le relazioni con il continente sudamericano. Il presidente colombiano è invece molto interessato alle relazioni di buon vicinato e a una maggiore unità del Sudamerica: tra le sue mosse più inattese c’è il deciso riavvicinamento con il presidente Hugo Chávez del Venezuela, che Santos ha chiamato a più riprese «il mio nuovo migliore amico». L’ambizione è anche quella di una maggior integrazione commerciale con Cile, Messico e Peru, per cercare di bilanciare l’ascesa economica del gigante brasiliano.
Nuove possibilità economiche e commerciali, per un paese che sta rivedendo i suoi rapporti con gli Stati Uniti, non possono che venire anche dalla Cina: Santos ha detto che le delegazioni cinesi «vengono quasi tutte le settimane», e resta di attualità il gigantesco piano da 7,6 miliardi di dollari di infrastrutture ferroviarie proposto dal paese asiatico, che comprenderebbero un’alternativa via terra al canale di Panama. Un altro progetto avveniristico al vaglio del governo, con capitali cinesi ed europei, prevede la costruzione di una città industriale di circa 250mila abitanti a sud di Cartagena.
Il presidente Santos, che ha studiato ad Harvard e discende da una delle famiglie più potenti della Colombia, dichiara di avere progetti ambiziosi per il suo paese, che per ora lo premia con indici di gradimento intorno all’ottanta per cento. Nei suoi discorsi annuncia provvedimenti per ridurre le disuguaglianze sociali, facendo storcere il naso ai più conservatori, e programmi per il ritorno alle loro terre dei contadini cacciati dalla guerra civile e per la costruzione di nuove infrastrutture. Tra riferimenti a Le Corbusier e ad economisti premi Nobel, non nasconde la sua grande ammirazione per il New Deal: «Se tra quattro anni mi chiameranno il piccolo Roosevelt della Colombia, ne sarei onorato».