Banksy difende gli street artist russi
Due artisti del collettivo Voina sono stati rilasciati grazie alla cauzione versata dall'artista inglese
di Chiara Lino
Voina in russo significa “guerra” ed è il nome di un collettivo artistico, attivo tra Mosca e San Pietroburgo, formato (tra gli altri) dai due street artist Leonid Nikolayev e Oleg Vorotnikov. Famosi in patria per performace artistiche forti, hanno attirato l’interesse internazionale dopo il loro arresto, soprattutto da quando Banksy – il misterioso artista inglese che ha ricevuto una nomination all’Oscar per il suo documentario – ha preso parte alle iniziative per la loro scarcerazione, arrivando a pagare per loro la cauzione di oltre 15mila euro (600.000 rubli, 300.000 per ognuno). I due street artist erano stati arrestati per aver ribaltato un’auto della polizia con la scusa di recuperare il pallone del piccolo Casper, il figlio di Oleg: in realtà si trattava di un atto di protesta per chiedere una completa riorganizzazione del Ministero dell’Interno.
L’arresto ha avuto luogo il 15 novembre scorso a Mosca, come ricorda Natalia Sokol, artista del collettivo, in un’intervista pubblicata su Terror People e ripresa da molti giornali:
«Era mattino presto, dieci poliziotti in borghese fecero irruzione nell’appartamento dove il gruppo abitava. Non mostrarono né documenti d’identità o distintivi, né mandati d’arresto. Li fecero stendere pancia a terra, legandogli le mani dietro la schiena, e ordinarono a tutti i presenti di stare giù perché avevano il diritto di usare le armi. Ammanettati, con sacchetti di plastica sulla faccia, i due artisti furono caricati su un furgone e trasportati fino a San Pietroburgo, un viaggio di dieci ore. Durante il tragitto, i poliziotti colpirono Oleg, l’idealista del gruppo, sulla testa e sulle reni. Due settimane dopo i medici e i difensori dei diritti umani che visitarono gli artisti arrestati trovarono lividi sul corpo di Oleg e segni profondi sui polsi, dove aveva portato le manette».
L’intervista solleva la questione dei metodi violenti usati dalla polizia carceraria russa ed è una testimonianza importante sul trattamento dei carcerati. Leonid Nikolayev ne parla a lungo, dicendosi fortunato perché nel loro caso la polizia non ha nascosto, prima dell’arresto, droga e armi nel loro appartamento, prassi comune per aggravare il reato e allungare il periodo di detenzione.
«Non sono pentito. – dice Leonid – Ero preparato psicologicamente all’arresto. Non volevo essere arrestato, ma era inevitabile, dato che centinaia di poliziotti ci stavano cercando a Mosca e San Pietroburgo. A causa della nostra attività artistica hanno scoperto dove vivevamo. Ma non potevamo restare inattivi. Dovevamo esprimere il nostro dissenso verso i crimini commessi dalle autorità in Russia. Sapevo anche che non ci avrebbero rilasciati prima del processo, e che questo ci avrebbe costretti a mesi di carcere. In Russia è normale».
La street art spesso si esprime attraverso gesti eclatanti: enormi graffiti che riempiono un’intera facciata, performance plateali, messaggi di dissenso o di rottura rispetto a una condizione data. Voina esemplifica tutto questo: sul sito Free Voina è possibile trovare un elenco di tutte le loro performance (in inglese), con immagini e video, e il racconto del loro arresto (anche in italiano), oltre a numerose informazioni su come aiutarli.