In Libia i ribelli stanno resistendo
Nonostante le repressioni e i bombardamenti il governo non avanza a est
Almeno un migliaio di persone sta manifestando contro Gheddafi per le strade di Tripoli, la capitale della Libia. Le proteste sono cominciate questa mattina quando un flusso di fedeli è uscito da una moschea gridando “Gheddafi è nemico di Dio”, a loro si sono poi aggiunte altre persone. La polizia ha respinto i manifestanti usando gas lacrimogeni e rafforzando la già altissima distribuzione di uomini in giro per la città, che ha blindato Tripoli negli ultimi giorni. I negozi continuano a essere chiusi, le strade continuano a essere semivuote e tempestate di posti di blocco. Alcune agenzie di stampa hanno documentato una stretta anche nei confronti dei giornalisti stranieri, invitati a non lasciare gli alberghi e pedinati se si muovo in giro per la città. Le connessioni a Internet vanno a singhiozzo.
Se nella parte occidentale del Paese il governo sta tentando di respingere i manifestanti militarizzando le strade e le città, nella parte orientale in mano ai ribelli il comportamento di Gheddafi è ben più violento. Ci sono stati bombardamenti ad Ajdabiya, fortunatamente senza vittime, dove solo una tempesta di sabbia ha impedito ulteriori attacchi. A Brega si combatte ancora, ma le forze antigovernative da quella parte hanno guadagnato altri chilometri. Si parla di scontri anche a Zawiyah e nella città di Uqayla. Sempre questa mattina, centinaia di persone hanno partecipato a un funerale collettivo a Brega, dove i bombardamenti e gli scontri di ieri hanno ucciso almeno 14 persone. Come spesso è accaduto in questi giorni, il corteo funebre si è trasformato in una marcia di protesta, con slogan e cori contro il governo di Gheddafi.
I ribelli, intanto, si stanno organizzando: nelle città dell’est sono stati allestiti dei rudimentali campi di addestramento, mentre molte armi conservate nei depositi del governo sono state saccheggiate e distribuite alla popolazione. Questo sta permettendo alle forze antigovernative di difendersi e resistere, ma ha naturalmente delle controindicazioni, come ricorda il New York Times: le armi possono finire nelle mani sbagliate e in ogni caso sarà complesso farle ritornare al loro posto alla fine della crisi.
Fino a questo momento, le pressioni della comunità internazionale non hanno condizionato in alcun modo le azioni del governo di Gheddafi, che continua con la repressione sistematica e violenta delle rivolte. Il malumore dell’Unione europea si è inoltre arricchito di un altro tassello, dal momento che tre soldati olandesi sono ancora detenuti dall’esercito libico. I tre erano stati arrestati domenica scorsa quando erano appena arrivati a Sirte, dove stavano cercando di evacuare due cittadini europei, e sono ancora sotto custodia da parte dell’esercito della Libia.
foto: GIANLUIGI GUERCIA/AFP/Getty Images