«Non provo alcuna paura»
Il "testamento spirituale" di Shabhaz Bhatti, il ministro cristiano ucciso ieri in Pakistan
Shahbaz Bhatti era il ministro per le minoranze religiose del Pakistan, è stato ucciso ieri. Bhatti era cattolico, si era detto contrario alla legge che punisce la blasfemia con la morte e per questo si era attirato innumerevoli minacce di vari gruppi islamisti. Più volte Bhatti aveva commentato le minacce che riceveva, l’ultima durante un’intervista di poche settimane fa. Oggi il Corriere della Sera pubblica un suo “testamento spirituale”, estratto di una raccolta di suoi testi che si chiama “Cristiani in Pakistan” ed è edito da Marcianum Press. Di seguito, invece, il video dell’intervista.
Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan— Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese.
(continua a leggere sulla rassegna stampa dell’ASI)