Undici condanne a morte per il rogo del Sabarmati Express
Nel febbraio 2002 cinquantanove pellegrini indù morirono sul treno incendiato da un gruppo di musulmani
Un tribunale indiano ha condannato a morte undici uomini per avere dato fuoco al treno in cui il 27 febbraio 2002 morirono cinquantanove pellegrini indù. I pellegrini stavano tornando dalla città santa di Ayodhya, nell’Uttar Pradesh, quando il Sabarmati Express su cui viaggiavano fu assaltato mentre transitava dalla stazione di Godhra, nel Gujarat, e incendiato da un gruppo di musulmani. Gli scontri tra musulmani e induisti che seguirono l’incidente continuarono per oltre tre mesi, causando la morte di circa mille persone, e sono ricordati come il più intenso periodo di violenza religiosa vissuta dall’India dai tempi dell’indipendenza dalla Gran Bretagna.
La sentenza è stata emessa lunedì dopo che la settimana scorsa il tribunale aveva dichiarato trentuno uomini colpevoli di cospirazione e omicidio per l’attentato al Sabarmati Express. Gli altri venti condannati dovranno scontare l’ergastolo. Le condanne a morte dovranno essere confermate in appello, tutti i condannati hanno novanta giorni di tempo per chiedere la revisione della sentenza. Novantaquattro persone in totale sono state incriminate per quell’incendio nel corso di un processo che è durato quasi nove anni e sono state detenute da allora. Soltanto la settimana scorsa il giudice ha ordinato la scarcerazione dei sessantatré che non sono stati condannati.
Lo stato del Gujarat, governato dal partito nazionalista indù Bharatiya Janata, fu accusato di non avere fatto abbastanza per fermare le violenze che seguirono quell’incidente e di averle addirittura fomentate. Negli ultimi anni il primo ministro del Gujarat, Narendra Modi, è stato più volte accusato di averle incoraggiate in prima persona, ma fino a questo momento le indagini non hanno mai trovato prove sufficienti a suo carico. Le autorità dello stato hanno sempre respinto le accuse.