Gli studi sulla balbuzie
Il film con Colin Firth premiato con quattro Oscar ha riportato l'attenzione sui disordini della parola: a che punto è la ricerca
Grazie alla sua interpretazione di Giorgio VI nel film Il discorso del re, Colin Firth ha da poco vinto l’Oscar come miglior attore protagonista. Il film si occupa della balbuzie che impediva al sovrano di tenere discorsi pubblici e al suo rapporto con il logopedista che lo aiutò a superare il problema. La balbuzie viene studiata da secoli e non è ancora del tutto chiaro quali siano le cause scatenanti, come spiegano sull’Economist.
Nel corso degli anni la balbuzie è stata attribuita a diverse cause. Nel secondo secolo Galeno la ricondusse alla secchezza della lingua. Nel diciassettesimo, Francis Bacon disse che era colpa della lingua troppo rigida. Nel ventesimo, l’abbandono da parte dei genitori e anche il sesso orale non realizzato ebbero il loro momento di fama (Il discorso del re attribuisce il problema alla psicologia). I metodi suggeriti erano i più disparati. Galeno pensava che l’avvolgere la lingua in un panno intriso di succo di lattuga potesse aiutare. Bacon suggeriva il vino. In epoca vittoriana l’uso del bisturi. Gli psichiatri il divano. Niente di tutto ciò ha funzionato (film a parte).
Recentemente, alcuni ricercatori sono arrivati a qualche nuova scoperta che potrebbe aiutare a capire le effettive cause della balbuzie. Luc De Nil, dell’Università di Toronto (Canada), ha studiato il funzionamento del cervello dei balbuzienti attraverso la risonanza magnetica funzionale, un esame diagnostico che consente di mettere in evidenza le aree del cervello che si attivano sotto particolari stimoli. Il gruppo di ricerca guidato da De Nil ha notato che le aree del cervello che si occupano del linguaggio sono più attive nei balbuzienti rispetto a chi non soffre di questo disordine della parola, mentre sono meno attive le zone che si occupano della percezione dei suoni.
Ci sono poi differenze generali più evidenti. I balbuzienti hanno in genere più materia grigia nelle aree legate alla produzione dei suoni. Ma non è chiaro se queste differenze siano di carattere genetico o si creino a causa delle condizioni ambientali in cui ci ritroviamo a vivere.
Dennis Drayna, un ricercatore dei National Institutes of Health statunitensi, ritiene che almeno in parte la balbuzie sia dovuta a fattori genetici. Alcune ricerche hanno ipotizzato che ci sia una componente ereditaria. Due studi hanno dimostrato, almeno statisticamente, che i figli adottivi dei balbuzienti non hanno più probabilità di soffrire di balbuzie rispetto a quelli adottati da genitori senza disordine della parola.
Per scoprire quali geni possano essere responsabili, Drayna ha studiato 44 famiglie pakistane. I matrimoni tra cugini sono molto comuni in Pakistan, e questo incrocio tra consanguinei può portare a una maggiore incidenza di disordini genetici. Le analisi di Drayna suggeriscono che la balbuzie sia legata alla mutazione del gene chiamato GNPTAB-a, una prova confermata dalla scoperta della medesima mutazione in un certo numero di balbuzienti indiani e pakistani non legati ai gruppi familiari inizialmente analizzati. A Gennaio, Drayna e i suoi colleghi hanno pubblicato la loro ricerca scientifica sul Journal of Human Genetics, ricostruendo la mutazione genetica lungo 600 generazioni, arrivando a un antenato comune che sarebbe vissuto circa 14mila anni fa.
Altri studi condotti nell’Asia meridionale hanno messo in evidenza altre mutazioni, nei geni GNPTG e NAGPA, che sono presenti solamente nel corredo genetico dei balbuzienti. I geni sospettati di essere coinvolti nella balbuzie hanno il compito di dare le istruzioni al nostro organismo per produrre gli enzimi che regolano i lisosomi, gli organuli presenti nelle cellule che svolgono la funzione di spazzini, digerendo le molecole estranee o i rifiuti prodotti dalla cellula. Le stesse mutazioni sono legate alle mucolipidosi, malattie che possono rivelarsi fatali.
Secondo Drayna la causa della balbuzie potrebbe essere dovuta alla particolare sensibilità al malfunzionamento enzimatico delle cellule del nostro cervello presenti nell’area della produzione del linguaggio. Il meccanismo non è però ancora chiaro e saranno necessari nuovi esperimenti di laboratorio per approfondire la materia. Trovata la causa bisognerà poi elaborare una terapia efficace, cosa che rende ancora lunga la strada per capire e risolvere alla radice un problema che interessa diversi milioni di persone in tutto il mondo.