La comunità internazionale si muove contro Gheddafi
Regno Unito e Stati Uniti iniziano a dare concretezza alle minacce nei confronti del regime
La comunità internazionale sta iniziando a dare qualche concretezza alle minacce fatte negli ultimi giorni al regime di Gheddafi per indurlo a fermare le violenze. Gli Stati Uniti hanno schierato attorno al paese delle navi e degli aerei da guerra che potrebbero venire usati per missioni sanitarie e di soccorso, stando a quel che ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton durante un incontro del Consiglio per i diritti umani dell’ONU. Clinton ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione «tutte le opzioni possibili, nessuna esclusa, finché il governo libico continua a minacciare e uccidere i suoi cittadini. Con le sue azioni il governo ha perso legittimità. E la gente della Libia lo ha detto molto chiaramente: è ora che Gheddafi se ne vada, senza ulteriore violenza o ritardi».
Il premier britannico David Cameron ha ordinato dei piani di emergenza per prepararsi alla disposizione di una no-fly zone, da realizzare su coordinamento della Nato. La no fly-zone impedirebbe ai soldati fedeli al dittatore e ai mercenari di sparare alle persone dagli elicotteri, come hanno fatto ripetutamente dall’inizio delle rivolte. Cameron ha avanzato la possibilità di un coinvolgimento militare britannico: «Non escludiamo in nessun modo l’impiego di mezzi militari, non possiamo tollerare che il regime usi la forza contro i suoi stessi cittadini». Inoltre, il Regno Unito sta prendendo in considerazione l’idea di armare le forze di opposizione del regime, così che possano difendersi dagli attacchi dei mercenari e dei sostenitori di Gheddafi.
Nel frattempo gli Stati Uniti hanno congelato 30 milioni di dollari di beni riconducibili al regime e ai suoi funzionari, mentre la Francia ha inviato due aerei pieni di materiale umanitario e sanitario a Bengasi, la prima grande città del paese a liberarsi dalla dittatura. Le forze armate potrebbero venire impiegate anche per proteggere eventuali corridoi umanitari, che verrebbero istituiti per portare cibo e medicine in Libia attraverso l’Egitto e la Tunisia, se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare. Le discussioni sulle opzioni militari sono iniziate la scorsa settimana al Pentagono, tra ufficiali britannici e statunitensi. La Francia ha richiesto una riunione di emergenza dell’Unione Europea, che si incontrerà nei prossimi giorni a Bruxelles per discutere il da farsi.
In realtà un intervento militare non sembra così semplice da realizzare. Dovrebbe essere coordinato dalla Nato e soprattutto dovrebbe venire approvato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, cosa che non sembra molto probabile. La Russia e la Cina – che hanno potere di veto – hanno dichiarato la loro opposizione a qualsiasi intervento esterno. La Francia inoltre si è mostrata tiepida verso un coinvolgimento della Nato. Senza l’approvazione dell’ONU e il coinvolgimento della Nato, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna resterebbero soli e dovrebbero portare avanti un intervento senza l’appoggio delle forze internazionali, cosa che entrambi i paesi vorrebbero evitare.
Nel frattempo in tutta la giornata e la notte di ieri sono continuati gli scontri e le battaglie tra le forze fedeli a Gheddafi e gli oppositori del regime. Le truppe di Gheddafi hanno cercato di riprendersi la città di Zawiyah ma sono stati respinti dai ribelli. Verso le 4 di pomeriggio diversi jet delle forze aeree hanno bombaradato la città di Ajdabiya, 160 chilometri a sud di Bengasi. Anche la città di Misurata, che si trova lunga la costa occidentale del paese, è stata bombardata e mitragliata da diversi elicotteri. Alcuni ufficiali del nuovo consiglio ad interim di Bengasi sostengono che le forze leali al regime vogliono tagliare i rifornimenti d’acqua e di elettricità alle città liberate dell’est per poi attaccarle dall’alto con gli elicotteri. Gli scontri continuano anche a Tripoli. Alcuni medici hanno raccontato ad Al Jazeera che diversi soldati sostenitori di Gheddafi si sono schierati all’entrata degli ospedali della capitale. L’obiettivo non è quello di proteggere il personale sanitario bensì di infastidirlo e controllare che non vengano scattate foto o girati video ai cadaveri dei manifestanti. Per lo stesso motivo le guardie hanno sottratto alcuni cadaveri dagli ospedali all’insaputa di medici e parenti.
Ieri Gheddafi ha rilasciato un’intervista congiunta alla ABC e alla BBC, in cui ribadisce che «non ci sono affatto dimostrazioni nelle strade». Quando Jeremy Browen – l’intervistatore della BBC – gli ha detto di aver visto personalmente dei manifestanti nelle strade, Gheddafi gli ha chiesto «stavano manifestando per noi?». E ha aggiunto «La gente mi ama, tutto il popolo è con me, tutti mi amano. Morirebbe per proteggermi, il mio popolo».
foto: PATRICK BAZ/AFP/Getty Images