Il governo vuole tagliare i fondi per le rinnovabili
Cosa c'è nel decreto sulle energie rinnovabili promosso dal ministro Romani, che si discute domani
di Francesco Costa
Domani il Consiglio dei ministri discuterà un già molto contestato decreto sulle energie rinnovabili. Il decreto, promosso dal ministro per lo Sviluppo economico Romani, recepisce una direttiva europea sulle energie rinnovabili ma la recepisce, diciamo, a modo suo. Il testo prevede infatti l’abrogazione degli incentivi del Conto Energia a partire dal 2014, la loro sospensione una volta raggiunto un tetto di megawatt, il taglio retroattivo del 30 per cento agli incentivi per l’eolico, l’introduzione del meccanismo delle aste al ribasso per i nuovi impianti oltre i 5 MW. La misura che sta facendo più discutere, e ha sollevato le proteste del centrosinistra, delle associazioni ambientaliste e degli operatori del settore, riguarda il Conto Energia e il fotovoltaico. Per sapere cosa vuole fare il governo bisogna prima capire di cosa parliamo e come funziona il mercato in questo momento.
Dal 2005 tutte le bollette dell’energia elettrica in Italia prevedono un contributo destinato agli incentivi per il fotovoltaico. Questi fondi compongono il cosiddetto Conto Energia, costituito su recepimento di una direttiva europea che impegna l’Italia a produrre attraverso fonti rinnovabili il 20 per cento della propria energia entro il 2020. Invece che costruire centrali elettriche basate su fonti rinnovabili, che avrebbero avuto un costo ingente sulle casse dello Stato, l’Italia ha deciso di puntare sugli incentivi: i consumatori si costruiscono il loro impianto fotovoltaico a loro spese, lo Stato attraverso un ente – che si chiama GSE, Gestore dei Servizi Energetici – garantisce al consumatore un incentivo. Non si tratta di un finanziamento a fondo perduto, bensì a conto esercizio: per i successivi vent’anni dall’allacciamento dell’impianto, il consumatore riceve una certa somma – che varia secondo la tipologia di impianto – per ogni kWh di energia prodotta.
Lo stanziamento di questi fondi rientra in una tendenza globale: tutti i paesi europei stanno investendo nel settore delle rinnovabili miliardi di euro, anche a fronte dei bilanci messi in difficoltà dalla crisi e del crescente debito pubblico. Allo stesso modo, gli Stati Uniti hanno fatto dei fondi per le energie rinnovabili uno dei pochi capitoli di spesa immuni dai tagli resi necessari dalle dimensioni del deficit. Negli anni, il Conto Energia è stato rinnovato e l’Italia ha aumentato lo stanziamento di fondi destinati alle energie rinnovabili: in questo momento la loro entità è tale che chi dota la propria abitazione o la propria impresa di un impianto fotovoltaico riesce nel giro di pochi anni a recuperare i soldi del suo investimento e guadagnare pure.
In base alla legislazione vigente, gli incentivi al fotovoltaico restano in piedi fino al 2020 ma si riducono progressivamente – prima ogni anno, adesso ogni quattro mesi – sulla base del fatto che a fronte delle dimensioni crescenti del mercato l’intervento economico dello Stato diventa via via meno necessario. Anche perché il mercato del fotovoltaico è effettivamente cresciuto parecchio, diventando uno dei pochissimi settori industriali in Italia ad avere conosciuto una fase di grande espansione negli ultimi anni, generando introiti e nuovi posti di lavoro. In questo momento in Italia oltre 100 mila persone sono impiegate direttamente o indirettamente nell’industria del fotovoltaico. Il meccanismo però ha delle distorsioni, denunciate anche da molti degli stessi operatori del settore: un piano nato per delocalizzare la produzione di energia incentivandone la produzione domestica, infatti, in alcuni casi si è trasformato in un business. La costruzione di impianti molto grandi, che producono svariati kWh di energia, permette di guadagnare molti soldi nel giro di poco tempo – e dal momento che si è in presenza di un tetto nazionale, limita la possibilità di altri cittadini ad accedere ai fondi col loro impianto domestico.
Per questa ragione il decreto proposto dal governo inserisce un limite alle dimensioni degli impianti che possono godere degli incentivi, ma fa anche molto altro: taglia gli incentivi prima della loro scadenza naturale, prevista per il 2020, abrogandoli a partire dal 2014. Inoltre, gli incentivi potrebbero essere sospesi molto prima: il decreto, infatti, prevede anche che questi vengano sospesi al raggiungimento degli 8000 MW prodotti tramite fotovoltaico. Considerati i ritmi di crescita e diffusione di questa fonte rinnovabile, il tetto si potrebbe essere raggiunto prima tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Anche altri paesi europei si sono dotati di tetti agli incentivi, ma sono molto più alti: la Germania, per esempio, ha un tetto vicino ai 50 mila MW. Il tutto a fronte di continue direttive dell’Unione Europea a favore dell’ampliamento dei finanziamenti nel settore delle fonti energetiche rinnovabili e del fatto che la stessa legge sul Conto Energia è stata rinnovata soltanto a novembre, senza nessun accenno a tagli agli incentivi.
Il ministro Romani sostiene che il meccanismo del Conto Energia costi allo Stato troppi soldi rispetto all’energia di cui facilita la produzione, senza contare l’aggravio che comporta sulle bollette dell’energia elettrica dei cittadini (aggravio comunque molto contenuto rispetto a quello adottato da Francia e Germania). Per questo sostiene che gli incentivi debbano essere tagliati, confermando la propensione del governo a puntare sull’energia nucleare per soddisfare il fabbisogno energetico italiano liberandosi progressivamente delle fonti fossili. Il ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, è sembrata più possibilista, dichiarando che l’Italia manterrà gli impegni assunti in sede europea. Le associazioni ambientaliste e quelle che raggruppano gli operatori del settore, invece, sono infuriate: sostengono che il nuovo provvedimento costituirebbe di fatto la fine del fotovoltaico.
foto: CRISTINA QUICLER/AFP/Getty Images