Il secondo Oscar di Randy Newman
La storia di uno dei più grandi cantautori americani, di cui il mondo si ricorda una volta l'anno
L’Oscar per la migliore canzone è stato consegnato quest’anno a Randy Newman, che ha avuto a oggi venti nomination e due premi. La sua assiduità alla premiazione degli Oscar lo ha reso un po’ più noto ma la parte più notevole della sua carriera di cantautore resta un’altra, che un dieci anni fa venne raccontata da Luca Sofri (il peraltro direttore del Post) in un articolo che riprendiamo.
Il più grande fan di Randy Newman che conosco è mio zio. Guida la sua Volvo per le strade di Oslo – mio zio è di Oslo – ascoltando le canzoni di “Bad Love”, il cd uscito due anni fa. Va matto per “The world isn’t fair”, la canzone in cui il narratore spiega a Karl Marx che certo, va bene, tu hai pensato un sacco di cose buone e belle per quelli che stavano male, ma il mondo è ingiusto, Karl, hanno provato a fare come dicevi tu e non ha funzionato, saresti contento di essere morto se dovessi sapere come è andata a finire. Dovresti venire a vedere le donne che abbiamo qui, Karl, nel paese della libertà, dove i ricchi diventano ricchi e i poveri non si vedono: il mondo è ingiusto.
Randy Newman somiglia a un fan di Randy Newman, hanno scritto, e infatti somiglia un po’ a mio zio. È grande e grosso, un po’ goffo e un po’ strabico. Avrà 57 anni tra qualche giorno ed uno dei più grandi cantautori americani: con Dylan, Paul Simon e Neil Young, il più longevo. Quelli che sono venuti dopo lo citano come maestro, da Elvis Costello a Elliott Smith. Ed è il protagonista del “Grande Mistero di Randy Newman”, secondo Greil Marcus, il critico che ha scritto un celebre libro sul rock americano, Mystery Train: “Perché questo genio non è famoso e conosciuto come dovrebbe?”.
Lui stesso dice di avere 40 mila fans appassionati, tipo mio zio, e poi sei miliardi che non lo hanno mai sentito nominare. E questa è esattamente la dimensione del suo successo. Tutti i critici più importanti mettono i dischi di Randy Newman tra i loro preferiti di tutti i tempi, ogni uscita è trattata come un capolavoro e i suoi testi analizzati con eccitazione. Ma non vende un accidente da 33 anni. O meglio, vende come una delle mille popstar di media grandezza. In 33 anni di dischi è entrato nella Top 20 americana una volta sola, nel 1977, con “Short People”. Arrivò al numero due: le strofe che sfottevano i bassi di statura (“Short people got no reason, Short people got no reason, Short People got no reason to live”) vennero canticchiate da mezza America e suscitarono un putiferio di proteste. In realtà Newman voleva prendere in giro i pregiudizi, ma fu ben frainteso e secondo il settimanale Entertainment Weekly divenne “la prima vittima dell’era del politically correct”. “Ne sono onorato”, disse la vittima, che non se la prese tanto: intanto era arrivata al successo, finalmente, e poi “quella era una bella canzone, non me ne pentirei mai”. Ed ecco qua belle e scodellate le due questioni, con la carriera di Randy Newman: non capiscono quel che scrive e non vende milioni di dischi. Ma a mio zio non importa, per lui e gli altri 40 mila, è il più grande di tutti.
(continua a leggere sul blog di Luca Sofri)