In Tunisia non è finita
Mohammed Ghannouchi ha dato le dimissioni dopo le proteste e gli scontri degli ultimi giorni
Il primo ministro della Tunisia Mohammed Ghannouchi ha dato le dimissioni ieri dopo che altre cinque persone sono morte negli ultimi scontri con la polizia. «Non mi sto sottraendo alle mie responsabilità», ha annunciato nel suo discorso trasmesso dalla televisione di stato «lo faccio solo per aprire la strada a un nuovo primo ministro. Non sono pronto a essere la persona che prende decisioni che potrebbero causare ulteriori vittime».
Ghannouchi era diventato primo ministro lo scorso 14 gennaio, quando l’ex presidente Ben Ali era fuggito dal paese in seguito alla rivolta della popolazione. Nonostante avesse annunciato che le elezioni si sarebbero tenute a metà luglio,gran parte del paese in lui vede ancora l’alleato dell’ex presidente e per questo ne ha chiesto ripetutamente le dimissioni nelle ultime settimane.
Il nuovo primo ministro è Al-Baji Ca’ed al-Sebsi, che era a stato a sua volta ministro degli esteri al tempo di Habib Bourguiba, il primo presidente che la Tunisia ebbe dopo avere conquistato l’indipendenza. Sarà difficile che questa nuova nomina riesca davvero a placare le proteste. «L’attuale leadership non rappresenta a sufficienza il desiderio di cambiamento della popolazione», ha detto ad Al Jazeera uno degli attivisti più noti in Tunisia, Ziad Cherni.
Gli scontri tra polizia e manifestanti si sono così intensificati nella capitale a partire da venerdì che sabato le autorità hanno ordinato il divieto di traffico in alcune delle strade centrali di Tunisi, come non era più successo dalla caduta di Ben Ali. Un rappresentante del ministero dell’Interno, che preferisce restare anonimo, ha detto ad Al Jazeera che gli scontri sono stati in parte fomentati da sostenitori di Ben Ali. Oltre cento persone sono state arrestate sabato, ottantotto venerdì.