La figlia di Gheddafi smentisce la fuga
Aisha Gheddafi è apparsa ieri alla tv di stato libica e ha detto di non voler lasciare il paese
Aisha Gheddafi, figlia del presidente libico, è apparsa ieri alla tv di stato e ha detto di non avere alcuna intenzione di lasciare il paese: “Io non mi muovo da qui”. Qualche ora prima erano circolate diverse voci secondo cui questa avrebbe tentato di scappare su un aereo diretto a Malta: non avendo ottenuto l’autorizzazione ad atterrare, l’aereo avrebbe fatto ritorno in Libia. È possibile che Aisha Gheddafi abbia girato il video una volta tornata a Tripoli.
Il corrispondente di Al Jazeera a Malta, Cal Perry, riporta che «secondo l’equipaggio sull’aereo c’erano 14 persone. Il velivolo stava sorvolando lentamente l’aeroporto maltese perché era rimasto a corto di carburante. Le autorità maltesi hanno iniziato a discutere l’autorizzazione all’atterraggio con l’ambasciatore libico che si trovava nel paese, e a quel punto i piloti si sono resi conto che Aisha Gheddafi era a bordo dell’aereo. Il governo maltese ha detto che si trattava di un viaggio non programmato e che non aveva importanza se a bordo c’era anche la figlia del dittatore: ha negato l’autorizzazione e l’aereo è rientrato in Libia».
Alcune fonti all’interno del governo maltese hanno detto di non avere informazioni sulla presenza di Aisha Gheddafi sul volo e sulla partecipazione dell’ambasciatore libico ai presunti negoziati. Sembra che altri parenti di Gheddafi avevano tentato di lasciare il paese in modo simile lo scorso martedì. Una radio libanese ha raccontato ieri che la moglie – libanese – di uno dei figli di Gheddafi aveva cercato di rifugiarsi a Beirut con un jet privato, ma anche in questo caso il governo aveva negato al velivolo il permesso per l’atterraggio. È probabile che sul volo si trovassero altri membri della famiglia di Gheddafi e diversi esponenti del regime.
Intanto ieri le Nazioni Unite hanno annullato il titolo di ambasciatore di cui era stata insignita Aisha Gheddafi. La figlia del dittatore libico, avvocato, nel luglio del 2009 era stata nominata ambasciatore di un programma ONU di sviluppo e lotta alle malattie e alla povertà. Il suo incarico, comunque, era a titolo volontario: non prevedeva uno stipendio né il possesso di un passaporto diplomatico.