In difesa della retorica
Per Gianluca Briguglia i professionisti dell'antiretorica remano contro la costruzione di un'identità condivisa
Gianluca Briguglia, studioso di filosofia politica, ha scritto sul suo blog una articolata considerazione – guarnita di esempi e video – sui luoghi comuni contro “la retorica”, definendo una sorta di cliché “dell’antiretorica”, e indicando invece come la mancanza di una retorica condivisa sia uno dei limiti della costruzione di un’identità italiana.
Non c’è un altro paese che come l’Italia abbia paura della retorica e accusi ogni discorso che si stacchi minimamente dall’ordinario di essere retorico. Non c’è scampo. Si parla dei 150 anni? Retorica. Si parla d’Italia e delle sue possibilità? Retorica. Certo pesa ancora culturalmente l’abbuffata fascista, che ha distrutto in un solo colpo il paese e la retorica nazionale. Tuttavia ci abbiamo messo del nostro, coltivando sostanzialmente un’idea della retorica molto simile a quella del “Processo di Frine”, qui di seguito (da vedere almeno il primo paio di minuti e la conclusione dal minuto 7.15):
Ma “retorica” non indica solo un discorso vuoto e ampolloso, pieno di paroloni inutili e ricercati. Il significato originario indica le regole per comporre un discorso persuasivo, a fini giudiziari o politici, che muova all’azione e alla decisione. In questo senso è ancora uno degli strumenti, forse il principale, del discorso pubblico e politico ed è ancora validissima la massima dei retori antichi secondo cui gli oratori si dividono in due categorie, quelli di cui si dice, alla fine del loro discorso, “come ha parlato bene” e quelli per cui alla fine del discorso i cittadini senza dire niente sono spinti a compiere azioni (o a pensare qualcosa di nuovo, aggiungerei).
Ma per spingere all’azione spesso si devono evocare valori più profondi, comuni appartenenze, emozioni. Tutto quello che per noi italici, appunto, è “retorica”. Non è così per il discorso pubblico di altri paesi. Si pensi ai discorsi di John Kennedy, o addirittura a quelli di Martin Luther King, zeppi di riferimenti biblici e religiosi.
E i discorsi della campagna elettorale di Obama, con quel continuo riferirsi a Mosè, al cammino da fare, alle visioni lontane? Li avremmo squalificati in 5 minuti (di seguito il video con sottotitoli italiani). E con i suoi anche quelli dei presidenti francesi e di certi discorsi pubblici da commonwealth britannico.
(continua a leggere sul blog di Gianluca Briguglia)