Tutte le grane dell’Italia con la Libia
I problemi con petrolio e gas, il temuto flusso di immigrati, la telefonata tra Berlusconi e Gheddafi
Ci siamo già accorti nei giorni scorsi come la crisi libica riguardi molto da vicino il governo italiano, per via della vicinanza territoriale e della grande e rivendicata amicizia tra il presidente del Consiglio Berlusconi e il dittatore libico Muammar Gheddafi. Ci sono le note ripercussioni sull’immagine dell’Italia, da giorni descritta sulle televisioni di tutto il mondo come l’unico paese occidentale che spinge per un approccio cauto e amichevole con il regime. E ci sono altre questioni che ci riguardano molto da vicino: il paventato aumento dell’immigrazione, i problemi con le risorse energetiche, le accuse all’Italia di essere coinvolta negli scontri di questi giorni. Ne facciamo un sunto.
La telefonata con Berlusconi
Palazzo Chigi ha diffuso ieri sera una nota comunicando che Silvio Berlusconi e il presidente libico Gheddafi si sono sentiti al telefono per mezz’ora. Oggi sui giornali si apprende che questa telefonata sarebbe stata il frutto della “pressante richiesta” del governo statunitense perché Berlusconi, forte del suo rapporto con Gheddafi, gli facesse presente lo sgomento e la condanna dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Gheddafi ha sostenuto che la situazione sta tornando sotto controllo e che tutto va bene
La questione dei razzi
Nonostante la grande amicizia e le pacche sulle spalle tra Berlusconi e Gheddafi, è noto che il leader libico utilizza ancora moltissimo la dialettica anti-italiana nei suoi discorsi, nel tentativo di rinsaldare il sentimento nazionale del paese. Anche durante il delirante discorso di ieri, infatti, Gheddafi ha accusato i manifestanti di utilizzare razzi italiani contro l’esercito (il giorno prima, invece, erano circolate voci sul fatto che a bombardare la popolazione fossero aerei militari italiani, che ci fossero italiani anche tra i mercenari assoldati dal regime). Durante la telefonata con Gheddafi, Berlusconi ha smentito di aver dato armi italiane a chiunque in Libia.
Cosa fa la Marina
Il ministero della Difesa chiesto all’esercito di spostare tre navi militari nel Mediterraneo: sono il cacciatorpediniere Mimbelli, unità missilistica capace di svolgere le funzioni di nave-comando per operazioni militari complesse, e due LPD, le navi da sbarco San Marco e San Giorgio. Sono tre navi da guerra: sono collegati ai caccia, hanno a bordo elicotteri, mezzi da sbarco, sale operatorie e soprattutto un gruppo di fanti e incursori, le teste di cuoio della Marina militare. Lo spiegamento si deve al rischio che Gheddafi possa minacciare l’Italia, per creare un diversivo, magari sparando dei razzi su Lampedusa come fece nel 1986. Lo scenario è considerato improbabile ma possibile. Nel caso la situazione in Libia dovesse degenerare ancora, esiste anche la possibilità di intervenire a terra, per controllare e tenere aperto un aeroporto ed evacuare così gli ultimi stranieri rimasti in Libia. Inoltre, alcuni elicotteri dell’Aeronautica e della Marina sono stati spostati verso sud, in supporto al lavoro delle navi della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza nel contrasto all’immigrazione clandestina. Secondo Maroni potrebbero arrivare 300 mila immigrati.
Il comitato permanente
È stato costituito un comitato permanente sulla crisi. Ne fanno parte, oltre al presidente del Consiglio e al sottosegretario Letta, i ministri Maroni, Frattini, La Russa, Romani, Matteoli, Alfano e Sacconi. La Russa ha detto che il comitato serve per “essere pronti a ogni sviluppo della situazione”.
I guai dell’ENI
Il gasdotto Greenstream, che collega l’Italia e la Libia, è chiuso da ieri a causa dei tumulti: moltissimi tecnici e operai libici semplicemente non si sono presentati al lavoro. Questo vuol dire che è sospesa anche la fornitura di gas verso l’Italia. L’Italia non rischia di finire senza combustibile, visto che ci sono ampie scorte e comunque si va verso una stagioe più calda, ma il blocco prolungato dell’impianto potrebbe spingere al ribasso il valore delle azioni dell’ENI in Borsa. Nelle sole due ore in cui la Borsa di Milano è stata aperta, ieri, ENI ha perso lo 0,86 per cento.
Il petrolio
Col petrolio le cose sono più complicate. La Libia fornisce all’Italia un quarto del petrolio che viene importato e in questo momento non sta caricando le navi. Prima che l’Italia riesca a trovare un nuovo compratore le scorte potrebbero ridursi notevolmente. L’Agenzia internazionale dell’energia potrebbe consentire all’Italia l’uso delle scorte strategiche, che coprono circa 100 giorni di consumi.