«Gheddafi ordinò l’attentato di Lockerbie»
Lo ha detto l'ex ministro della giustizia libico, dimessosi la settimana scorsa per protesta contro le violenze
L’ex ministro della giustizia libico, Mustafa Abdel-Jalil, dimessosi nei giorni scorsi per protesta contro l’uso della violenza sui manifestanti, ha detto al corrispondente in Libia del tabloid svedese Expressen di avere «le prove che Muammar Gheddafi ordinò l’attentato di Lockerbie». Abdel-Jalil non ha detto di che genere di prove si tratta. Secondo l’ex ministro, Gheddafi in queste anni avrebbe fatto «qualsiasi cosa in suo potere per tenere nascosto il suo coinvolgimento» e a questo si dovrebbe la sua insistenza per far rimpatriare Abdel Baset al-Megrahi, l’unico uomo condannato per l’attentato.
Il 21 dicembre del 1988, alle 19,03, il volo Pan Am 103 partito da Londra e diretto a New York esplose in volo e si schiantò sulla cittadina di Lockerbie, in Scozia. Morirono tutti le 259 persone che si trovavano a bordo dell’aereo: alcuni furono sbalzati fuori e precipitarono per nove chilometri, molti dei quali a una temperatura di -46 gradi. Chi rimase attaccato al sedile morì nello schianto. Morirono anche undici residenti di Lockerbie: le ali dell’aereo colpirono le loro case alla velocità di 800 chilometri orari e praticamente le disintegrarono, creando un cratere lungo 47 metri.
Le indagini, svolte congiuntamente tra l’FBI e la polizia di Dumfries e Galloway, nel 1991 accusarono dell’attentato solo due persone: Abdel Basset Ali al-Megrahi, all’epoca ufficiale dell’intelligence libica e capo della sicurezza per Libyan Airways, e Lamin Khalifah Fhimah, responsabile di Libyan Airways all’aeroporto di Malta. La Libia rifiutò per anni di consegnarli e lo fece solo nel 1999, dopo anni di pressioni, negoziati e l’emissione di sanzioni economiche. Megrahi fu condannato all’ergastolo nel 2001, mentre Fhimah fu prosciolto.
Il 20 agosto del 2009, dopo settimane di forti polemiche nazionali e internazionali, le autorità scozzesi hanno deciso di rilasciare al-Megrahi per motivi di salute, sostenendo che fosse malato di cancro e che non gli restassero da vivere più di tre mesi. Megrahi è tornato in Libia applaudito e accolto come un eroe dall’opinione pubblica e dallo stesso Gheddafi: è passato un anno e mezzo ed è ancora vivo. Lo scorso luglio lo stesso medico che gli aveva dato non più di tre mesi di vita ha detto che può campare tranquillamente altri dieci anni.
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