Hollywood la manteniamo tutti noi
I produttori americani sono sempre più attenti al mercato internazionale, spiega l'Economist
A una settimana dalla premiazione degli Oscar, l’Economist si occupa del cinema statunitense e della sua crescente dipendenza dall’estero per fare cassa. Negli ultimi dieci anni, i ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti sono aumentati di un terzo nel Nord America mentre sono sostanzialmente raddoppiati sul mercato estero. Grazie ad alcune produzioni di successo, come Harry Potter, Sherlock Holmes e Inception, lo scorso anno Warner Bros. ha ricavato 2,93 miliardi di dollari sul mercato internazionale, superando il record di 2,24 miliardi di dollari dell’anno prima. Le vendite di DVD negli Stati Uniti sono, invece, in calo e questo potrebbe aumentare ulteriormente la dipendenza dei produttori dall’estero.
La crescita degli incassi all’estero è parzialmente dovuta alla debolezza del dollaro. In parte è stata anche aiutata da Avatar, il film fantasy che ha portato a due miliardi di incassi fuori dall’America. Ma tre cose sono particolarmente importanti: un boom del cinema nei paesi emergenti, uno sforzo congiunto degli studi cinematografici per produrre film che possano funzionare bene fuori dagli Stati Uniti e una forte spinta sul piano del marketing per essere sicuri che questo accada.
In Russia, per esempio, l’aumento degli spettatori nei cinema si è rivelato considerevole negli ultimi anni. Nel 2010 sono stati staccati 160 milioni di biglietti, un dato che supera il numero complessivo di abitanti del paese. Anche i prezzi sono aumentati, in parte perché le nuove sale cinematografiche offrono più confort e servizi, con proiettori digitali e attrezzati anche per le più costose proiezioni in 3D. Il cinema americano in Russia va molto bene e supera per incassi quello nazionale. Lo scorso anno ha fruttato 563 milioni di dollari, circa cinque volte gli incassi realizzati dai film prodotti nel paese.
Il mercato è in sensibile crescita anche in Cina, dove gli incassi hanno raggiunto gli 1,5 miliardi di dollari lo scorso anno. Le autorità di Pechino stimano che ogni giorno in tutta la nazione si aggiungano tre nuove sale cinematografiche. Il settore è in espansione e ha grandi potenzialità, tuttavia le opportunità per gli studi di Hollywood sono ancora limitate, perché il governo cinese seleziona ogni anno al massimo una ventina di film stranieri da far proiettare nei cinema della Cina.
Il problema con l’estero per Hollywood è però legato a quanto denaro rientra con la vendita di ogni biglietto. Negli Stati Uniti il rapporto tra distributori e cinema è in genere al 50%, questo significa che il ricavo del biglietto viene diviso equamente tra le due parti. All’estero la media scende e il distributore ottiene in media il 40% da ogni biglietto, ma in alcuni paesi può andare molto peggio. In Cina gli studi di Hollywood devono usare obbligatoriamente distributori cinesi e in genere ottengono al massimo il 15% da ogni biglietto. L’Organizzazione mondiale del commercio ha chiesto a Pechino di cambiare questa pratica per rendere più concorrenziale il mercato, ma le autorità cinesi non hanno per ora accolto le richiese del WTO.
Un altro elemento che ha inciso sulla progressiva dipendenza dall’estero è la pirateria. Per evitare che si diffondano copie pirata dei film, buona parte degli studi cinematografici segue ormai da alcuni anni la strada della distribuzione in contemporanea dello stesso film in tutti i mercati del mondo in cui è presente. Questo comporta l’organizzazione di campagne di marketing coordinate molto costose e impegna anche gli attori, che in un paio di settimane devono visitare quanti più paesi possibile per promuovere il loro film. E, infine, dalla sorte dei film all’estero dipende anche la selezione dei generi da produrre a Hollywood.
I film chiassosi funzionano meglio. Jason Statham, il protagonista di molti film d’azione, è tra i preferiti in Russia. I film che si basano sulla letteratura maggiormente conosciuta (fumetti compresi) e sulla mitologia rendono bene. I film che si occupano dei modelli culturali dell’America riscuotono popolarità all’estero quanto una perdita di olio su un circuito della NASCAR. Anche le commedie non se la cavano bene: Will Ferrell e Adam Sandler fanno ridere a crepapelle negli Stati Uniti, ma non sono molto capiti all’estero. Più il mercato si allontana dall’America, più si riducono le possibilità di veder finanziati o distribuiti film divertenti. «Non ci vedrete fare molte commedie» spiega Brad Grey, a capo di Paramount Pictures.