La ricchezza dell’Angola
La maggior parte della popolazione è tagliata fuori dal boom economico esploso negli ultimi anni
L’Angola è uno dei paesi più ricchi dell’Africa subsahariana. Le sue miniere sono ricche di diamanti che vengono venduti in tutto il mondo e le sue risorse petrolifere ne fanno il secondo esportatore africano subito dopo la Nigeria. Il suo potenziale agricolo è tra i più promettenti di questa porzione del continente africano e da quando è finita la guerra civile nel 2002 la ricostruzione del paese ha portato nuove strade, ferrovie e ospedali. Nonostante questo l’Angola resta uno dei paesi africani con la più alta percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà e con il più alto numero di mortalità infantile. L’Economist di questa settimana spiega come mai.
La maggior parte delle risorse provenienti dal boom economico degli ultimi anni sono andate soltanto a un’élite della popolazione che vive in una specie di Saint Tropez africana, con lussuosi club su spiagge inaccessibili per le persone comuni. Un gruppo di grattacieli circonda un porto decorato da barche e yacht da oltre 6 milioni di dollari. I musseques, come qui vengono chiamate le case dei poveri, un tempo si trovavano proprio dietro alle spiagge bianche di Luanda, la capitale. Ora sono state spostate più verso l’interno, lontano dagli spazi più ambiti. Alle persone vengono date delle tende per costruirsi le loro case improvvisate, ma nessuna ricompensa economica. Come risultato, soltanto il nove percento della popolazione di Luanda – cinque milioni di persone in totale – ha accesso all’acqua potabile, una percentuale ancora più bassa di quella dei tempi della guerra civile.
Nonostante il governo dell’Angola abbia a disposizione un budget di circa 40 miliardi di dollari, l’unica speranza per milioni di persone continuano a essere soltanto le organizzazioni umanitarie. A Kilamba Kiaxi, alla periferia di Luanda, un milione di persone hanno assaggiato acqua potabile per la prima volta nella loro vita solo grazie all’intervento dell’Unicef, che ha messo a disposizione alcune dozzine di distributori. Le autorità locali avevano sempre sostenuto di non avere soldi a sufficienza per pompare l’acqua attraverso la rete idraulica esistente e l’Unicef ha dovuto pagare duecentomila dollari all’azienda che gestisce l’acqua per poter mettere a disposizione una manciata di rubinetti. Il governo invece ha recentemente speso oltre un miliardo di dollari per costruire quattro stadi per la Coppa d’Africa, e ha comprato quattro costosissimi elefanti bianchi.
L’altro problema, strettamente connesso a quello della diseguaglianza, è quello della corruzione sempre più dilagante a ogni livello delle istituzioni. Per l’Economist si tratta di un problema endemico, che forse potrà essere sconfitto solo quando emergerà una nuova generazione di leader, nati dopo la fine della guerra civile.
La logica dietro al sistema della cleptocrazia è complessa. Avendo vinto la lunga guerra civile (dal 1975 al 2002, ndr), i membri del partito al potere, il Movimento di Liberazione per l’Angola, sono convinti di meritare tutto quello che si prendono. Josè Eduardo dos Santos, presidente da trentuno anni, è stato felice di assecondare queste loro richieste. La sua stessa famiglia è comproprietaria di molte aziende del paese. Sebbene in passato fosse stato in favore delle imprese private e della competizione straniera, Santos è un ex marxista, di formazione sovietica, e rimane comunque un protezionista che fa di tutto per evitare che le multinazionali prendano il controllo sulle risorse del paese. Recentemente ha anche cambiato la costituzione per restare al potere fino al 2022 senza dover fronteggiare nuove elezioni. Il potere è tutto concentrato nel suo ufficio: è lui che controlla il bilancio e nomina giudici, magistrati, generali e governatori. Le previsioni dicono che l’economia continuerà a crescere su ritmi ancora più sostenuti nei prossimi anni. Il prossimo 24 febbraio il governo annuncerà la firma di nuovi accordi per concedere lo sfruttamento di altre risorse petrolifere e l’Angola si arricchirà ancora di più. Ma perché davvero tutta la popolazione ne possa beneficiare si dovrà aspettare una nuova generazione di leader nati dopo la fine della guerra civile, che non avranno più paura di sfidare il presidente che ora tutti chiamano “Il Grande Padre”.