Andare in guerra con Skype e iPhone
Il New York Times racconta come il modo di comunicare dei soldati al fronte con casa sia sempre più in tempo reale
Nord dell’Afghanistan: nella provincia di Kunduz il Primo battaglione dell’87esimo Reggimento di fanteria dell’esercito statunitense combatte contro i talebani utilizzando armi ed equipaggiamenti molto sofisticati, ma la vera novità per questo campo di battaglia è la presenza di smartphone e computer che consentono ai soldati di rimanere costantemente in contatto con i propri cari a migliaia di chilometri di distanza, racconta James Dao sul New York Times. Un artigliere all’interno di un blindato invia un SMS alla propria ragazza attraverso un BlackBerry, un medico controlla il proprio computer per salutare con una videochiamata il figlio di due anni in Florida, mentre il comandante di una squadra ha appena finito di indirizzare il fuoco verso alcuni insorti e cerca ora un posto sicuro per prendere in mano il suo iPhone e inviare un messaggio alla propria moglie.
Grazie ai progressi della tecnologia cellulare, le maggiori possibilità di collegarsi a Internet e l’uso contagioso di alcuni social network come Facebook, le truppe nelle aree di combattimento possono ora comunicare con i propri cari praticamente in presa diretta. Possono così assistere alla nascita o al compleanno di un figlio in tempo reale. Possono controllare i punti in classifica della loro squadra del cuore, frequentare lezioni online e anche gestire azioni e fondi di investimento.
Dopo anni di cautele motivate da ragioni di sicurezza, il Pentagono ha deciso di allentare le limitazioni sull’uso delle nuove tecnologie al fronte da parte dei soldati. La possibilità di comunicare spesso con parenti e amici aiuta a mantenere più alto il morale, dicono i vertici militari, tuttavia questa rivoluzione ha portato ad alcuni svantaggi per chi deve materialmente controllare le truppe sul territorio.
Molti comandanti lamentano un uso improprio degli iPhone, dei BlackBerry e di altri dispositivi come lettori di file musicali e console portatili per i videogiochi. L’uso di questi terminali è severamente vietato durante i pattugliamenti a piedi, ma gli ufficiali temono che possano essere utilizzati ugualmente creando distrazioni che in un’area pericolosa per i continui attacchi degli insorti potrebbero mettere a rischio l’incolumità dei militari. Anche chi fa un uso proprio e consentito di questi dispositivi può incappare in distrazioni, perché di fatto si ritrova spesso a confrontarsi con i problemi della vita quotidiana di tutti i giorni, ma a migliaia di chilometri di distanza da casa.
Nella Base operativa avanzata di Kunduz, l’edificio dedicato alla ricreazione e allo svago dei soldati (MWR) è dotato di quaranta computer connessi alla Rete, utili per comunicare con amici e parenti negli Stati Uniti. Ogni computer è separato dall’altro da un semplice divisorio e non c’è quindi molta privacy. Gli argomenti di cui si parla sono in genere il denaro, i figli e gli affetti.
Il soldato Briana Smith ha 23 anni, è un medico, è una ragazza madre e frequenta con regolarità l’MWR per mettersi in contatto con il proprio figlio di due anni, Daniel, che vive con i genitori di lei a Tampa (Florida). Prova a chiamare casa ogni giorno e si collega con frequenza a Facebook per mantenere i rapporti con amici e parenti. Almeno una volta la settimana, usa la videochiamata di Skype per fare un saluto a Daniel. La possibilità di avere rapporti comunicativi così stretti la entusiasma, ma lascia anche qualche fitta. «Non posso essere coinvolta nelle cose di tutti i giorni. Riesco solo a vedere piccoli pezzetti della sua vita. È bello, ma spezza un poco il cuore ogni volta» spiega Smith.
L’utilizzo dei computer presso l’MWR è gratuito, mentre i soldati devono pagare le chiamate telefoniche. Chi decide di usare il proprio telefono cellulare per comunicare con casa anche quando si trova all’esterno della base deve affrontare ulteriori spese. Le tariffe mensili si aggirano mediamente intorno ai 70 dollari, ma gli utilizzatori più assidui arrivano a spendere anche 300 dollari. Chi non vuole spendere così tanto usa i computer del centro ricreativo, sperando di trovare online qualche amico o parente sui social network o su Skype.
George Moddy, 25 anni nella Marina, ha il figlio Billy a Kunduz. Per poter comunicare con lui e non perdere la possibilità di trovarlo online, il veterano ha quasi sempre Skype aperto e lo ha impostato per suonare l’adunata il più forte possibile quando Billy si collega dal centro ricreativo. Tra la sua casa ad Ashvile, nella Carolina del Nord, e l’Afghanistan ci sono otto ore e mezza di differenza, così i coniugi Moddy devono spesso alzarsi verso l’una di notte per comunicare con il proprio figlio di 25 anni.
Secondo alcuni psicologi, l’eccessiva comunicazione tra soldati al fronte e parenti e amici a casa può avere risvolti negativi. Nei casi migliori si tratta di doversi alzare nel cuore della notte, nei peggiori di vivere con frustrazione l’impossibilità di occuparsi direttamente e concretamente della vita lasciata per andare al fronte. L’ansia di comunicare diventa problematica specialmente per le giovani coppie. I soldati che si fidano poco delle loro ragazze cercano di controllarle a distanza, di avere costantemente informazioni. Nascono così incomprensioni che rovinano i rapporti e facilitano poi i tradimenti.
Al soldato Kyle Schulz, 22 anni, è successo qualcosa del genere. Ha scoperto che la sua ragazza frequentava un altro uomo mentre lui si trovava al fronte. Schulz ha così recuperato i rapporti con una vecchia amica attraverso Facebook, ma anche quel rapporto alla fine si è chiuso malamente. «In un certo senso, penso di aver comunicato troppo. Più so cose che succedono a casa, meno mi concentro qui. E questo potrebbe potenzialmente danneggiare me o altre persone» riconosce Schulz.
A volte ci possono essere esiti molto più tragici. Nel 2009 un soldato in Iraq si è ucciso perché sospettava della propria ragazza, che aveva smesso di rispondere alle sue chiamate.
Alcuni ufficiali, come Tony Hampton, consigliano ai soldati che prestano servizio a Kunduz di utilizzare cellulari e computer il meno possibile per non perdere la concentrazione. Il consiglio ricorrente è quello di tornare a carta e penna e alle lettere, che consentono di scrivere cose più meditate e lasciano tempi comunicativi meno frenetici. Hampton racconta che sono però in pochi a seguire i suoi suggerimenti: «Questa è la generazione del microonde. Vogliono tutto e lo vogliono in fretta».