La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio – Episodio 11

Undicesimo episodio del libro di Brizzi: fare il giurato a Sanremo

Nell’autunno del ’98 non conoscevo più la paura: andai a Sottovoce, da Gigi Marzullo.
Mi ritrovai nello stesso camerino – «Vi dispiace stringervi?» – di un’attrice bionda e attraente. Coi tacchi mi sovrastava di mezza testa, e mi svelò quasi subito di essere fidanzata con un attore moro e attraente, forse Stefano Dionisi.
«Ti spiace se mi trucco?» mi fece.
Poiché  sembravo in imbarazzo solo io, il coach Superio Es m’invitò a sciogliermi. «Ti pare?» le dissi. «Siamo in un camerino della Rai. Se non ci si trucca qui…»
«Sto troppo in paranoia» mi fece, in una nuvola di cipria.
«E perché?»
«Lo sai com’è, Marzullo. Ti chiede di farti una domanda e darti una risposta.»
«Fa così» ammisi. Se volevo parlarle senza fissare il suo sedere, dovevo cercare lo sguardo di lei nello specchio. Ora, però, si stava truccando gli occhi.
«Non te la sei preparata, la domanda?» le faccio, schietto e disponibile. «Possiamo pensarci insieme, se vuoi.»
«La mia vita è un casino» dice, senza tono interrogativo.
«Mi dispiace. Però potrebbe essere una buona domanda: ‘La mia vita è un casino?’, e poi ti rispondi da sola.»
«Ammazza!» ride. «Ecco cosa dovrei rispondere. Ma tu cosa sei, uno che scrive?»
«Sì, eh.»
«E cosa scrivi?»
«Svegliati, bella! sugli specchi dei camerini», mi vien da dire. Invece confesso: «Romanzi».
Se adesso mi chiede «E che genere di romanzi?», sono già pronto a rispondere «Classici».
«Ammazza!» fa invece. «Sei un romanziere.» Lo constata. «Sai che non sembravi?»
Mi esce una risatina del menga. «E cosa sembravo?»
Si gira, fissa l’enorme bersaglio blu, bianco e rosso che campeggia sulla mia felpa, e dice: «Boh! Uno normale!».
Credo abbia ragione lei, almeno fino a quando non mi accomodo sul divanetto di Sottovoce, e sento il vento tiepido della storia della televisione che mi avvolge: è un abbraccio, quel «Benvenuti cari amici della notte» che Marzullo fa risuonare nel cuore del pomeriggio romano, e io zitto, per non svelare il trucco, anzi quasi sbadiglio per accreditare l’ipotesi narrativa che Gigi e io ci troviamo nella notte più fonda, quando un giorno non è ancora finito, l’altro deve ancora cominciare, e i sogni ci riveleranno la loro natura di messaggi grazie all’aiuto di una psicanalista.
Se non sbaglio, mi astengo dal confessare che il mio sogno ricorrente è quello di giacere con decine di donne e possederle a sazietà. Per non imbarazzare Gigi, ovviamente, ché la psicanalista ne avrà sentite di cotte e di crude.
Un po’ mi mangio le mani, però, perché sono sicuro che almeno un leader politico italiano ha le mie stesse fantasie.
Mi rifaccio quando Marzullo mi domanda, in una stringente logica da bivio obbligato, se preferisco Roberto Benigni o Nanni Moretti. «Roberto Baggio» rispondo senza esitare, nella stagione in cui il fuoriclasse stabilisce il suo record personale di marcature con la maglia del Bologna.
E, nonostante questo, mi convocano come giudice di qualità al quarantanovesimo, imminentissimo, Festival di Sanremo.

La mia avventura sanremese meriterebbe un breve romanzo in seconda persona.
La trama potrebbe basarsi su questa fedele ricostruzione dei fatti.

Intro – Quello che ancora non hai capito

Quello che ancora non hai capito è perché sul sito ufficiale del Festival di Sanremo, gestito dalla Rai, si accrediti senza alcuna prova la fantasiosa ipotesi secondo la quale tu, Enrico Brizzi, avresti falsato la competizione del Festival 1999 a favore di Anna Oxa.
È una versione dei fatti inventata di sana pianta; non hai mai conosciuto la cantante né alcuno del suo entourage, e ti domandi come mai Dario Salvatori, un presentatore che da anni studia senza risultati apprezzabili per diventare il nuovo Arbore, si accanisca a diffondere anche per via televisiva questa voce senza fondamento che danneggia la tua reputazione.
Forse perché è lui, lo «storico» del Festival, che non ha mai raccontato cosa accadde davvero quella sera all’Ariston.

Capitolo primo

«Tutti d’accordo», si raccomanda il dirigente Rai dopo avere salutato i presenti riuniti in conclave in una stanzetta annessa all’Ariston. «Abbiamo scelto voi come giurati di qualità perché, ognuno nel suo genere, rappresentate il meglio dei gusti musicali della nazione.»
Anche il brasiliano Toquinho?, ti domandi sbigottito. Anche il maestro Carreras?
«Avete a disposizione per ogni canzone un voto da zero a dieci. Voterete su un’apposita pulsantiera personale. Il voto è segreto, e voi andate pure senza paura anche verso gli estremi. Se usate solo i voti fra il cinque e il sette, rischiate di non premiare davvero le canzoni che vi appaiono più meritevoli.»
Insieme a Toquinho, Carreras e il giovane scrittore bolognese in parka nero, ascoltano attoniti le parole del Dirigente Rai gli altri giurati: Ennio Morricone, Fernanda Pivano, Amadeus, Carlo Verdone, Umberto Bindi, Dario Salvatori e Maurizio De Angelis.
Caspita, ti dici. Stai a vedere che non vengono affatto tessuti, gli intrighi di cui sospettavi.
Stai a vedere che è una competizione pulita, proprio come dice il neo-presentatore Fabio Fazio.


Capitolo secondo

Siedi fra il presidente della giuria Ennio Morricone e Fernanda Pivano, una donna cui Hemingway si rivolgeva per vezzeggiativo. Una muraglia di fiori rende il vostro palco simile a un ridotto inespugnabile nel fortilizio dell’Ariston. Allo scoperto stanno i cantanti, che escono sul palco uno alla volta. Per fortuna una cesura sul fianco sinistro della muraglia di petali vi consente di ammirare le esibizioni, così come le performance del trio Fazio-Casta-Dulbecco.
Quei tre insieme sono fantastici. Da qualunque angolazione li guardi, non riesci a capire chi sia il presentatore.
Composto, ti disponi ad ascoltare le canzoni una ad una, e al termine di ogni esibizione, quando il display della pulsantiera segnala che è  tempo di votare, senza spiare nel display di Morricone assegni il tuo voto.
Non ti sfugge, nel buio del palco, che ti trovi ad essere giudice di esibizioni dalle quali dipende la sorte di più famiglie e gruppi discografici, ma anche, più semplicemente, giudice di una gara fra canzoni. Zero ne assegni pochi – nessuno, giureresti – ma voti bassi in quantità. A tutte le canzoni che, a un rapido esame, appaiono il naturale prolungamento della stantia estetica cuore-amore. E voti alti, anche. Ne partono non pochi, dal tuo display. I più alti di tutti – fra big e nuove proposte distribuiti nelle due serate da giurato – saranno per Nada, Silvestri, Quintorigo e Soerba.

Capitolo terzo

Di nuovo nella saletta del conclave insieme ai nove illustri colleghi per rivedere in cassetta le esibizioni dei big.
Si assegnano per votazione i premi della critica, e prevale la sensazione che nessun artista in gara sia in grado di portare a casa il risultato pieno di una vittoria al Festival e una canzone memorabile in classifica.
Resta inteso che la sera, nei vostri palchi, ognuno voterà secondo coscienza.
Dal tuo punto di vista la competizione è apertissima, fino a quando il solito stimatissimo dirigente Rai fa il suo ingresso annunciando che, secondo i tabulati relativi al voto demoscopico, attualmente ci sarebbe un terzetto in fuga composto – in ordine non specificato – dalle cantanti Mariella Nava, Anna Oxa e Antonella Ruggiero.
Cazzo, pensi, questo arriva proprio a rovinare la suspense.
In ogni caso, ti dici rientrando in albergo per indossare l’abito da gran serata, siamo dieci e può accadere qualunque cosa. Alla tua bella mente cartesiana non sfugge che, secondo il regolamento, i voti della giuria di qualità peseranno esattamente quanto il risultato complessivo dei voti demoscopici.
In pratica, la classifica popolare potrebbe anche uscire perfettamente ribaltata dai pronunciamenti di voialtri giurati di qualità, e nel caso di un basso gradimento da parte dei giurati nessun cantante, neppure se incoronato dalla giuria demoscopica, potrebbe avvicinarsi alla zona del podio.
Quindi, a ripensarci, ti sembra che il dirigente Rai, annunciando che questi tre, e non altri, erano i nomi degli artisti in vantaggio, abbia favorito tutte e tre le cantanti rispetto agli altri concorrenti, ma forse è solo un calcolo sbagliato.
In ogni caso l’abito da gran serata è un completo tre bottoni color sabbia garantito contro l’effetto stropicciato che all’esterno, doc marten’s modello gaucho ai piedi, sciarpa al collo e occhiali calati sulla forca del naso, ti dona una certa aura aggressiva e sospetta, un po’ tipo nipote illegittimo di Rommel.
Comunque arrivi in ritardo, e farsi largo nel mare di teste e schiene fra gli stucchi del foyer non è un gioco da ragazzi. Occhieggiano colletti alla Wellington alti sei dita, nel cuore cieco della folla, risplendono chiome rese barocche da schiume e spray, e simili a scogli si profilano svariate scollature semplicemente inaggirabili. Hai un bel sventolare il pass da giurato, in mezzo agli spettatori che hanno pagato un milione a poltrona.
Ci sono le famiglie numerose – i ragazzini conciati da cresima e nonna, un turbante da rajah in testa, portata a braccia. Ci tiene tanto, poverina, a non perdersi il ritorno della Vanoni.
Ci sono i terzetti d’amiche zitelle vestite come le caramelle Rossana.
Ci sono spaventose matrone del profondo Nord che portano al collo svariati stipendi d’operaio e per mano mariti imprenditori ricchissimi e nani.
Sei sul punto di rinunciare, oh sì. La folla è troppa e tumultuosa. Stai proprio per rinunciare.
Poi, come accecato da un interiore lampo al magnesio ti lasci assalire dal pensiero insopportabile di abbandonare il maestro Morricone a fianco di una poltrona deserta.
Così, a tratti biascicando scuse, a tratti simulando orrendi accessi di tosse degni di un personaggio dickensiano, riesci a farti largo anche fra i gruppi più gagliardi nel mantenere un’intima compattezza.
«Sono il giurato Enrico Brizzi», mormori alla hostess che veglia alla base della scala che conduce ai palchi.
All’inizio, ne sei quasi sicuro, ti guarda come una donna decisa a chiamare aiuto.
«Mi segua», soffia piegandosi in modo appena percettibile verso di te. «Si stavano chiedendo tutti dove accipicchia si era cacciato.»

Capitolo quarto

Eurovisione, per la serata finale del Festival. Ma quale eurovisione. Mondovisione. Spettatori a frotte in cinque continenti. Se Fabio Fazio prendesse le cose un po’ di petto e proclamasse in diretta lo Sciopero degli Eventi subito prima di scendere dal palco e allontanarsi in silenzio, lo verrebbero a sapere persino in Kamchatka.
Invece è tutto molto più soffuso.
I cantanti cantano.
Il pubblico applaude.
I giurati votano.
Nelle pause, su insistenti richieste, Fernanda Pivano ti confida circa venticinque aneddoti impagabili su Hemingway, tre dei quali, putroppo, dimentichi quasi subito.
Quando si tratta di votare le esibizioni del trio in presunta fuga, ti attieni al nudo principio raccomandato dal dirigente Rai: impiegare per intero la gamma dei voti al fine di marcare una vera differenza.
In particolare, e senza essere affatto sicuro che il trio sia un vero trio, assegni un voto alto (8, ti sembra di ricordare) alla grintosa interpretazione di Anna Oxa e voti più bassi (non gli unici che hai impiegato, e non i più bassi) a Mariella Nava e Antonella Ruggiero.
Di quel che votano gli altri giurati, non essendo uso a sbirciare i display del prossimo tuo – e tantomeno quelli di Morricone e della Pivano – tutto ignori.
Per quel che sai fino a un attimo prima della proclamazio­ne, i tuoi colleghi potrebbero avere votato en masse per gli Stadio consegnando all’équipe di Gaetano Curreri la vittoria del Festival.
Quando Fabio Fazio, senza dimenticare di trovarsi in mondovisione, snocciola a ritroso la classifica, sulle prime appare chiaro che la rivelazione del dirigente Rai aveva un suo fondamento.
Tutti i nomi sono stati pronunciati da Fazio ad eccezione degli artisti che occuperanno il podio, e i nomi mancanti sono proprio quelli del noto trio: Mariella Nava, Anna Oxa, Antonella Ruggiero.
Nava, Oxa, Ruggiero.
Per te pari è. Ti sembra meglio la canzone della Oxa, ma se anche arriva terza non ti butterai di sotto a capofitto per il dispiacere. Anzi.
«Terza classificata del Festival di Sanremo è», annuncia Fabio Fazio dal palco.
Fate conto che la tensione, all’Ariston, sia alle stelle.


Capitolo quinto

Sarebbe interessante ricordare chi arrivò terza.
Mariella Nava, ti sembra di ricordare.
O forse Antonella Ruggiero.
Gli amanti delle statistiche potranno verificare.
La Oxa vinse, su questo non c’è dubbio.
Ma se devi ricordare quale fosse il pezzo che la Oxa cantava, buio completo.
Brivido, forse. Mistero? Freddo? Un titolo di una parola sola, ti sembra. Ma dopo più di dieci anni potresti anche sbagliarti.
In ogni caso Fabio Fazio dice: «Terza classificata del Festival di Sanremo è» – fate conto – «Mariella Nava».
Nel tuo palco tutto bene. Vorresti unicamente sbucare dal retropalco, scendere la scala e raggiungere la tua fidanzata nella torma che immagini pronta a popolare di nuovo il foyer. Sì, vuoi baciarla, domandarle se si è divertita almeno un poco e portarla a cena, prima di ogni altra cosa, che è mezzanotte o giù di lì ed è passato un medioevo da quando hai allungato l’ultima volta le gambe sotto un tavolo.
Anche Morricone e la Pivano non vedono l’ora di andarsene.
Poi Fazio annuncia: «Seconda classificata, Antonella Ruggiero!».
«Ha vinto la Oxa, alla fine» deduce Morricone.
In platea i boati di scontento si mescolano alle grida di esultanza e agli applausi generici.
«Possiamo andare, no?» s’informa la Pivano, ma nel palco a fianco, che ospita gli altri cinque colleghi, qualcuno perde la calma.
«No, no, la Oxa no» sono le trafelate parole con le quali il giurato isterico si precipita nel piccolo focolare del vostro palco. «Ci deve essere un errore», afferma. «Dobbiamo fermare Fazio prima della proclamazione.»
Sei senza parole.
Come cavolo fa, quello, a sapere che ci sarebbe un errore? Ognuno ha votato in segreto, e lui è un giurato, mica un notaio. Eppure appare molto sicuro del fatto suo. Pronto a inveire e gridare come fosse andato storto qualcosa che dava per scontato. «Per carità! Bisogna dire a Fazio di fermarsi», tenta di coinvolgervi.
Morricone e la Pivano sembrano fissarlo senza capire cosa voglia, ma quello insiste con gli occhi fuori dalla testa: «Bisogna ricontare i voti».
Bravissimo, ti dici. Mettiti a urlare, pazzo scatenato che non sei altro. Sporgiti dalla muraglia di fiori e, sbracciandoti, mettiti a strillare in mondovisione che Anna Oxa sta per essere proclamata vincitrice del Festival per sbaglio.
Preghi e speri che il giurato isterico lo faccia. Che si sporga verso il palco e gridi: «Fabio, c’è un errore, e solo io so qual è».
Comprensibilmente gli manca il coraggio, così inveisce e si allontana verso il palco originario, senza spiegare in nessun modo perché le cose non sarebbero andate per il verso giusto.
Ti sarebbe piaciuto sul serio, che te lo spiegasse.
Almeno avresti avuto qualcosa da raccontare ai giornalisti che, nei giorni successivi, ti hanno dato invano la caccia.

Capitolo sesto

Quello che ancora non hai capito è perché qualcuno si è affrettato a far sapere che il Festival ad Anna Oxa l’avresti fatto vincere proprio tu.
Se i voti che trasmettevate all’elaboratore centrale tramite la pulsantiera erano segreti, o almeno segreti fra notai e funzionari, e se tu sei ripartito da Sanremo senza rilasciare interviste, in che senso i giornali hanno scritto che sarebbero stati i tuoi voti – o i tuoi e quelli di Fernanda Pivano – a far vincere la Oxa?
Da parte tua, la cantante avrebbe ricevuto «il massimo dei voti», mentre avresti dato «zero a tutti gli altri».
Ancora più grave, dal tuo punto di vista, che una simile fandonia sia tuttora accreditata sul sito ufficiale della Rai nella pagina dedicata alla storia del Festival.
Chissà  se il giurato che diede in escandescenze quella sera all’Ariston era l’unico della compagnia a trovarsi, diciamo così, irritato per la vittoria della Oxa.
Sei un bravo ragazzo e credi di sì.
L’importante è che, a proclamazione avvenuta, trovasti il modo di salutare con garbo Morricone, la Pivano e Verdone subito prima di proiettarti in platea a ricongiungerti con la tua bella.
Servì  schivare orde di fans imbizzarriti di Enzo Gragnaniello, per guadagnare l’uscita dell’Ariston.
Sono passati anni e hai pagato pegno.
Però, se pure qualcuno era dispiaciuto che il suo cavallo non avesse vinto, poteva risparmiarsi di scatenare quella canea dietro alle tue giovani chiappe.
Su quali basi o prove si può sostenere che sarebbe stato il sottoscritto a far vincere il Festival del 1999 alla Oxa?
Quali interessi, o conflitti d’interesse, può mai avere un romanziere di venticinque anni che ascolta i Beastie Boys e i Faith No More nel mondo della musica pop ­sanremese?
Quali invece un aspirante Arbore, conduttore radiofonico e televisivo di medio corso, e quindi in rapporti consolidati con artisti e dirigenti discografici?
Su queste tre domande, anziché perdere tempo a diffondere corbellerie, dovrebbe ragionare lo storico semiufficiale del Festival: finché  di nome si chiama Dario, le risposte le ha già in ­casa.