Le armi di distruzione di massa erano una bugia
L'ingegnere iracheno il cui racconto fu usato dagli USA confessa al Guardian di avere mentito
Furono l’intelligence americana e quella tedesca – che gestì le sue informazioni – a dare a Rafid Ahmed Alwan al-Janabi il nome in codice di “Curveball” (palla a effetto). Janabi era stato un ingegnere chimico in Iraq, ma era scappato nel 1995 per poi ottenere asilo nel 2000 in Germania. Tre settimane dopo, a quanto ha raccontato Janabi in una confessione durata due giorni con i giornalisti del Guardian, un responsabile dei servizi segreti tedeschi lo andò a cercare dopo aver saputo della sua professione in Iraq. Janabi allora gli raccontò molte cose sulla produzione di armi chimiche in Iraq, e quelle cose furono così interessanti e articolate da diventare, nel giro di tre anni, la fonte principale del famoso discorso di Colin Powell all’ONU, quello con cui gli Stati Uniti accusarono l’Iraq di essere in possesso di armi di distruzione di massa e costruirono le ragioni della guerra contro Saddam Hussein.
Ma la fondatezza di quell’accusa è stata pesantemente messa in discussione in questi anni – nelle scorse settimane anche dal nuovo libro di memorie dell’ex ministro della Difesa americano Rumsfeld – e le nuove confessioni di Janabi aò Guardian le danno un durissimo colpo: l’uomo ha ammesso di essersi inventato gran parte di ciò che raccontò allora, a quanto si legge negli articoli di oggi sul quotidiano inglese.
«Forse era vero, forse no. Mi dettero questa opportunità, di costruire qualcosa per abbattere il regime. Io e i miei figli siamo fieri di averlo fatto e di essere stati la ragione per dare all’Iraq la possibilità di una democrazia»
«Avevo un problema col regime di Saddam: volevo liberarmene e ne ebbi la chance»
Janabi – che vive ancora in Germania, a Karlsruhe – ha raccontato di avere dato all’agente tedesco informazioni inventate su camion di armi biologiche con cui aveva lavorato a Baghdad. Raccontò di ruoli e dettagli inventati, che vennero messi in dubbio da altre testimonianze, in particolare da quella del suo ex capo interpellato a Dubai. Quei racconti arrivarono all’intelligence americana, e nel 2003 Colin Powell parlò di “descrizioni di prima mano su fabbriche mobili di armi biologiche” e disse che “la fonte è un testimone diretto, un ingegnere chimico iracheno che ci ha lavorato. Era presente durante la produzione di agenti biologici e anche quando nel 1998 un incidente uccise dodici tecnici”. Janabi aveva avuto successivi incontri con l’intelligence tedesca che aveva girato le sue informazioni agli Stati Uniti.
Ma la storia delle armi di distruzione di massa è diventata via via più fragile negli anni successivi all’inizio della guerra, e il racconto di Jalabi era già stato molto contestato. Adesso ha confessato.
“Quando penso che qualcuno viene ucciso – non solo in Iraq ma in qualunque guerra – sono molto triste. Ma ditemi un’altra soluzione. Sapete dirmela? Credetemi, non c’era altro modo di portare la libertà in Iraq. Non c’era nessuna altra possibilità»