La prigione senza fine dell’attivista cinese
Chen Guangcheng è stato scarcerato a settembre, ma nonostante abbia scontato tutta la pena è ancora sorvegliato
Chen Guangcheng è un cieco di 39 anni, vive nella provincia costiera cinese dello Shandong ed è uno dei più conosciuti attivisti per la tutela dei diritti umani in Cina. Dopo aver indagato e denunciato alcuni casi di aborto imposto dalle autorità per il controllo delle nascite, Chen fu arrestato nel giugno del 2006 con l’accusa di aver distrutto delle proprietà e di aver organizzato una protesta per interrompere il traffico. Il tribunale confermò le tesi pretestuosa dell’accusa, condannando l’attivista a quattro anni e tre mesi di detenzione. A settembre dello scorso anno Chen ha finito di scontare la propria pena, ma un video da poco diffuso dall’organizzazione China Aid dimostra come in realtà l’attivista sia di fatto agli arresti domiciliari e sia costantemente sorvegliato dagli agenti.
«Sono uscito da una piccola prigione per entrare in una prigione molto più grande» spiega Chen nel filmato, pubblicato anche sul sito della BBC. Nonostante le autorità cinesi non abbiano confermato il regime di sorveglianza, il filmato sembra dimostrare chiaramente la presenza di funzionari o poliziotti che controllano l’abitazione dell’attivista. Con una videocamera, la moglie di Chen è riuscita a riprendere un agente della sicurezza che scruta una finestra dalla casa, probabilmente per controllare la presenza di Chen al suo interno.
L’attivista dice di essere sorvegliato 24 ore su 24 da almeno cinque mesi. Il suo telefono è stato bloccato e alcuni agenti impediscono a chiunque di avvicinarsi alla sua abitazione. Chi prova a entrare in contatto con Chen riceve minacce da parte delle autorità, che starebbero quindi cercando di isolarlo il più possibile, come racconta lo stesso attivista nel filmato:
Non posso nemmeno fare qualche passo fuori dalla mia casa. Anche a mia moglie non è consentito allontanarsi. Solo mia madre può uscire per fare un po’ di spesa per mantenerci. Potrei essere imprigionato in qualsiasi momento, è una cosa molto semplice. Possono dire che sono un criminale e mettermi dentro. Cercano di provocarmi, se provassi a fare resistenza o rispondere potrebbero accusarmi di aggressione e imprigionarmi.
Nel corso della propria carriera come consulente legale, Chen si è occupato di decine di casi di presunti aborti forzati imposti dalle autorità per tenere sotto controllo le nascite in Cina. L’attivista accusa i funzionari della provincia in cui vive di aver imposto l’aborto o la sterilizzazione ad almeno settemila donne negli ultimi anni.