La lenta transizione dell’Egitto
Il governo firma un accordo con le forze di opposizione e dichiara la fine dello stato di emergenza
L’incontro di questa mattina tra il vicepresidente egiziano Omar Suleiman e le forze dell’opposizione si è concluso con la firma di un documento che ribadisce le promesse fatte dal capo dello stato nel suo ultimo video messaggio: fine dello stato d’emergenza, perseguimento dei responsabili delle violenze delle ultime settimane e istituzione entro marzo di un comitato per le riforme costituzionali di cui faranno parte anche i rappresentanti dei gruppi d’opposizione.
Ai colloqui hanno partecipato anche due dirigenti dei Fratelli Musulmani, che hanno chiesto nuovamente le dimissioni di Hosni Mubarak prima della formazione di un nuovo governo ad interim e hanno ribadito di non avere intenzione di presentare un proprio candidato alle prossime elezioni presidenziali: «Abbiamo bisogno di elezioni democratiche e di un presidente democraticamente eletto, questo è tutto quello per cui lottiamo», ha detto uno dei dirigenti secondo quanto riportato da Al Jazeera.
Hanno partecipato all’incontro anche il leader del partito liberale Wafd, Said al Badaw, quello del partito di sinistra Tagammu, Rifat Said, e Hisam Badrawi del Partito Nazionale Democratico al governo. C’erano anche molti intellettuali, politici indipendenti e il magnate Naguib Sawiris. Mancava invece il premio Nobel per la pace Mohamed ElBaradei, da tutti dato nelle ultime settimane come il più probabile leader del rinnovato movimento d’opposizione e futuro candidato alla presidenza dell’Egitto. Il governo ha promesso che garantirà libertà d’espressione e d’informazione e che istituirà anche un ufficio dedicato alla gestione dei ricorsi di tutti i detenuti politici.
Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha accolto favorevolmente il coinvolgimento nei colloqui dei Fratelli Musulmani, dicendo che questo momento di transizione politica dovrebbe essere gestito da Suleiman, e non dal presidente Honsi Mubarak. Il governo italiano, al contrario, ha detto attraverso il ministro degli esteri Frattini che Mubarak deve restare ancora alla guida del paese: «Prima serve la riforma elettorale, poi una nuova costituzione, poi andare alle urne a settembre», ha detto il ministro degli Esteri intervistato da Skytg24, «in questo modo la transizione sarebbe rapida, se invece Muabrak andasse via domani sarebbe il caos».
Nel frattempo al Cairo è iniziato il tredicesimo giorno di protesta: secondo Al Jazeera i manifestanti a piazza Tahrir sarebbero già un milione. La manifestazione di oggi è stata intitolata «la domenica dei martiri» e dedicata alle vittime degli scontri dei giorni scorsi tra sostenitori ed oppositori del presidente. Mubarak, che ha già detto di non avere intenzione di ricandidarsi alle prossime elezioni, non ha ancora annunciato le proprie dimissioni dalla presidenza. I manifestanti dicono che le proteste continueranno finché Mubarak non se ne sarà andato.