La Serbia non ce la fa più
Settantamila persone hanno protestato a Belgrado chiedendo le dimissioni del presidente Boris Tadic
Quasi settantamila persone hanno protestato ieri per le strade di Belgrado chiedendo le dimissioni del presidente Boris Tadic e elezioni anticipate. La manifestazione è stata organizzata dal più grande partito di opposizione, il Partito Progressista Serbo, che da tempo accusa il governo di corruzione e incompetenza. «Vogliamo costruire una Serbia moderna e nessuno ci può fermare», ha detto il capo del partito, Tomislav Nikolic.
La disoccupazione nel paese è salita al diciannove percento e la crescita dell’economia nel 2010 è stata soltanto dell’1,5 percento, dopo una contrazione del 3 percento nel 2009. La popolazione vive in media con uno stipendio di 390 euro al mese. La Serbia spera quest’anno di entrare a far parte dell’Unione Europea e riuscire ad attrarre nuovi investimenti dall’estero. Le prossime elezioni dovrebbero tenersi nel 2012.
Nel frattempo il governo è riuscito a trovare un accordo con due dei quattro sindacati che per una settimana avevano bloccato con uno sciopero gran parte delle attività d’insegnamento nelle scuole pubbliche. Il nuovo accordo garantisce agli insegnanti un aumento di stipendio che costerà 3,6 miliardi di dinari serbi (circa 40 milioni di euro) allo stato. Il ministro dell’Educazione, Zarko Obradovic, ha assicurato che l’aumento non influirà ulteriormente sull’inflazione, che è arrivata a oltre il dieci percento a dicembre. Il Fondo Monetario Internazionale invece ha detto che la Serbia non avrebbe dovuto assecondare richieste che potrebbero ora determinare aspettative simili anche per altri settori pubblici. La Serbia ha ricevuto un prestito di 3 miliardi di euro dall’FMI due anni e mezzo fa.