Guida completa al Sei Nazioni
Le cose da sapere sul leggendario torneo di rugby, che comincia stasera
di Luca Peretti
Il Sei Nazioni è il più importante torneo di rugby a 15 dell’emisfero settentrionale. Si gioca ogni anno nei fine settimana di febbraio e marzo, vi prendono parte sei squadre: le quattro delle isole britanniche (Galles, Inghilterra, Irlanda, Scozia), Francia e Italia. Quest’anno si comincia stasera alle 20.45 ora italiana al Millenium Stadium di Cardiff, per il match tra Galles e Inghilterra. L’Italia debutta domani alle 15.30 al Flaminio di Roma contro l’Irlanda.
Un po’ di storia, in breve
L’antenato del Sei Nazioni nasce nel 1883 come Home Championship, torneo a uso e consumo delle quattro squadre delle isole britanniche. Passano 27 anni e nel 1910 la Francia entra nella competizione: il torneo diventa il Cinque Nazioni. Altri novant’anni e nel 2000 anche l’Italia viene chiamata a unirsi all’aristocrazia del rugby europeo. Adesso ha cambiato nome ancora, dato che la Royal Bank of Scotland sponsorizza: andrebbe infatti chiamato RBS Six Nations. Quando nacque il torneo, il rugby era uno sport diffuso nelle isole britanniche e tendenzialmente aristocratico, giocato nei college e dai ricchi. L’Irlanda è rimasta unita: non ci sono infatti due nazionali, Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord, ma un unico team, con un suo specifico inno e bandiera.
Dove si gioca
Il Sei Nazioni, diversamente da molti altri tornei sportivi tra cui anche i mondiali stessi, non si gioca in un singolo paese o città: ogni nazione ospita due o tre match, e ne gioca due o tre in trasferta. In questa edizione l’Italia gioca in casa tre partite, sempre allo stadio Flaminio di Roma. L’inadeguatezza dell’impianto romano, di gran lunga il più piccolo di quelli del torneo, è argomento di continuo attrito tra istituzioni cittadine (ma non solo) e Federazione Italiana Rugby, che minaccia di tanto in tanto di spostare le partite altrove. In Galles giocano invece al Millenium Stadium, costruito per i mondiali di rugby del 1999 e interamente ricopribile, in Inghilterra al Twickenham di Londra, un gigante da 82.000 posti puntualmente esauriti per i match importanti, in Scozia al Murrayfield di Edimburgo, in Francia allo Stade de France dei dintorni di Parigi (quello costruito per i mondiali di calcio del 1998), in Irlanda allo Stadio Aviva, inaugurato lo scorso anno: il nome è quello di una compagnia di assicurazione che lo sponsorizza, ma sorge sulle ceneri dello storico Lansdowne Road, chiuso nel 2006. Per tre anni la nazionale di rugby ha giocato a Croke Park, la casa degli sport gaelici (cose come i calcio gaelico, hurling e camogie): è lo stadio della Bloody Sunday del 1920 e fino al 2005 gli sport dei (ex) nemici inglesi come calcio e rugby non erano ammessi.
Qualche aneddoto
La storia del torneo si intreccia con la politica. Le due guerre mondiali hanno interrotto i tornei; i guai in Irlanda del Nord nel 1972 portarono addirittura alla sospensione della manifestazione perché Scozia e Galles non volevano andare a giocare a Dublino. Ma ci sono stati anche altri motivi che hanno costretto a rinvii: per esempio una fastidiosa infezione, l’afta epizootica, nel 2001 ha fatto slittare vari incontri, e l’ultimo si è tenuto solo in ottobre. Mentre nel 1962 fu il vaiolo a far spostare Irlanda-Galles sempre in autunno. Il torneo è pieno di storie sportive e non, come gli anni di esclusione della Francia, tacciata nientepopodimeno che di “professionismo” (1932-1939), o sempre negli anni Trenta quella volta che il tallonatore inglese Sam Tucker fu chiamato due ore prima del match contro il Galles per rimpiazzare il compagno Henry Rew e arrivò allo stadio cinque minuti prima della partita e solo grazie al passaggio di un camion che trasportava cose piuttosto maleodoranti.
Bisogna arrivare agli anni Settanta per la diffusione televisiva e di massa del torneo, e solo nel 1993 verrà assegnata la Championship Trophy al vincitore assoluto, contando la differenza punti: prima erano molte le vittorie a pari merito. Vengono assegnati anche altri trofei: la Triple Crown, che riguarda le squadre britanniche e va a chi vince tutti e tre i match contro le altre; la Calcutta Cup, tra Inghilterra e Scozia; la Centenary Quaich, Scozia-Irlanda; il Millenium Trophy, Inghilterra-Irlanda; e infine l’ultimo arrivato, il Trofeo Garibaldi, tra Francia e Italia, istituito solo nel 2007 (scontato dire che per ora siamo 4 a 0, e non per noi).
L’arrivo dell’Italia
Il cammino dell’Italia per poter essere accettata fu lungo e fece registrare il momento più importante probabilmente nel 1997, con la storica vittoria contro la Francia a Grenoble. In quella squadra c’erano alcuni giocatori che hanno fatto la storia della nazionale italiana, come Alessandro Troncon e Diego Dominguez (praticamente una leggenda del rugby italiano, con 74 presenze in nazionale e 983 punti segnati). Nel 2000 l’Italia non solo fu ammessa al Cinque Nazioni, ma divenne anche una delle nazionali di prima fascia (oltre alle cinque europee ci sono Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda e Argentina). Tuttavia, al momento l’Italia nel ranking mondiale si trova al 12esimo posto, superata anche da Samoa e Fiji.
Quello della squadra italiana nel Sei Nazioni non è stato finora un successo: vittorie con la Scozia nel 2000, 2004, 2007, 2008, 2010 e con il Galles nel 2003 e 2007. Per il resto tutte sconfitte e un pareggio, sempre con il Galles, nel 2006 in trasferta. E pensare che era cominciata alla grande: il 5 febbraio 2000 con 29 punti di Dominguez e una meta di De Carli l’Italia aveva battuto in casa i campioni in carica della Scozia. Ma se nel calcio si dice “la palla è rotonda” per intendere che le sorprese possono essere sempre dietro l’angolo, nel rugby si ripete piuttosto che non si improvvisa nulla, e ci vogliono anni e anni per maturare una tradizione di un certo livello – e comunque la palla è ovale.
L’Italia quest’anno
Dell’Italia si dice ogni anno che è l’anno-della-maturità, e lo si dice anche stavolta: il suo allenatore, però, Nick Mallett, lascerà la nazionale dopo i mondiali, e in generale la nazionale non pare essere sensibilmente più forte dell’anno scorso. Quello di quest’anno è anche il primo Sei Nazioni dopo l’ingresso di due squadre italiane (Aironi e Benetton Treviso) nella Celtic League, uno dei massimi campionati continentali, che dovrebbe sicuramente aver fatto crescere e guadagnare in esperienza molti giocatori: tutti gli italiani convocati provengono dalle due compagini celtiche o giocano in campionati stranieri (soprattutto in Francia).
Ci si aspetta molto, però: lo stesso Nick Mallett ha dichiarato «abbiamo una squadra che può fare un grande Sei Nazioni». Ci sono tre partite in casa, è vero, e il fattore campo conta non poco, ma con l’avversaria più alla portata – la solita Scozia – si gioca a Edimburgo. Dopo dodici anni di esperienza contro i più bravi d’Europa sarebbe anche ora di vedere un salto di qualità, anche se per ora la nazionale ha collezionato otto cucchiai di legno (ultimo posto) e quattro whitewash (tutte sconfitte). Ma è pur vero che la Francia ha vinto il suo primo Cinque Nazioni 49 anni dopo la prima partecipazione, e solo nel 1968 ha fatto il primo Grande Slam (vittoria in tutte le partite).
Chi vince?
Per le nazionali che prendono parte a questo Sei Nazioni, il torneo è praticamente l’ultima occasione di fare le prove generali prima dei mondiali neozelandesi, che si terranno in autunno. La Francia è campione in carica, dopo aver piazzato lo scorso anno un imprevisto Grande Slam, e sicuramente se la gioca. L’Inghilterra è data favorita da diversi bookmakers, mentre sembrano appena più indietro Galles e Irlanda. Scozia neanche a parlarne, l’Italia neanche a pensarci. Però se vi piacciono le scommesse impossibili giocate un euro sulla vittoria della nazionale: se ne possono vincere fino a 750.
foto: Michael Steele/Getty Images