Gli Stati Uniti prenderanno mai Osama bin Laden?
Peter Bergen dice che al Qaida è ancora un pericolo e che il governo americano dovrebbe occuparsene di più
A nove anni dall’undici settembre, al Qaida resta in buona parte una problema difficile da definire e gestire per la sicurezza americana. In Afghanistan e in Pakistan si mescola ai talebani, altrove le cellule si costituiscono spontaneamente e imprevedibilmente. Osama bin Laden è diventato un’ombra e nella percezione della maggior parte degli americani, la sua organizzazione terroristica è un nemico dai tratti sempre più confusi e rarefatti.
Il Washington Post oggi torna a discutere dell’efficacia della guerra americana al terrorismo e al Qaida pubblicando un estratto dall’ultimo libro di Peter Bergen – direttore del dipartimento di Sicurezza Nazionale alla New America Foundation – in cui si mette in dubbio che gli Stati Uniti riusciranno mai a catturare Osama bin Laden. Bergen e bin Laden hanno avuto a che fare, in passato: il giornalista americano è stato autore della prima intervista televisiva di bin Laden, nel 1997 per CNN. E a differenza di alcune delle testi tranquillizzanti circolate molto negli ultimi mesi – tra cui quella del direttore dell’edizione internazionale di Newsweek Fareed Zakaria – si ricorda che al Qaida e bin Laden sono ancora un enorme pericolo e che gli Stati Uniti stanno correndo un grosso rischio nel sottovalutarli.
Abbiamo quasi centomila truppe in Afghanistan e abbiamo lanciato più di duecento attacchi con i droni nelle remote regioni tribali del Pakistan. Abbiamo speso miliardi di dollari con l’intelligence. Eppure, mentre si avvicina il decimo anniversario dell’undici settembre, siamo ancora lontani dal trovare Osama bin Laden. […] Per il secondo anno consecutivo, il presidente Obama non ha menzionato Osama bin Laden durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione. La minaccia del terrorismo ha ricevuto minore attenzione negli ultimi tempi: dopotutto il deficit e la competitività economica sono gli argomenti al centro del dibattito in questo periodo. Inoltre, Osama bin Laden non interessa più a nessuno, si sta nascondendo in qualche grotta e non gestisce più al Qaida e i suoi affiliati, vero? Sbagliato. Stiamo sottovalutando bin Laden a nostro rischio e pericolo. La sua influenza su al Qaida rimane enorme: simbolicamente, strategicamente e tatticamente. La sua abilità di restare vivo e libero è un grande incentivo morale per al Qaida e i suoi alleati e gli permette di mantenere il controllo sull’agenda del movimento jihadista globale.
Quasi tutti i combattenti di al Qaida arrestati dall’intelligence negli ultimi anni hanno dichiarato che Osama bin Laden continua a essere il loro modello di riferimento principale, spiega Bergen citando alcuni studi recenti. E mette in relazione alcuni degli ultimi attentati direttamente con dichiarazioni arrivate dal leader di al Qaida.
I terroristi continuano ad agire in nome delle dichiarazioni di bin Laden. Nel marzo del 2008, il leader di al Qaida definì le vignette su Maometto pubblicate da un quotidiano danese una «catastrofe» che meritava di essere punita. Tre mesi dopo, un kamikaze di al Qaida si fece esplodere davanti all’ambasciata della Danimarca in Pakistan uccidendo sei persone. Al Qaida ha ormai inglobato altri gruppi terroristi all’interno del Pakistan che prima non si consideravano parte della jihad globale. Tra questi ci sono i Lashkar-i-Taiba, che hanno organizzato gli attentati del 2008 a Mumbai, i talebani del Pakistan, che erano dietro all’attentato di Times Square del maggio 2010, e Harkat-e-Jihad-e-Islami, che organizzaò l’attentato all’ambasciata danese. Quando nuovi gruppi si affiliano ad al Qaida, non giurano fedeltà all’organizzazione ma a Osama bin Laden. Eppure nessuno sa esattamente dove cercare Osama bin Laden oggi – un ufficiale dell’intelligence mi ha detto recentemente di non avere fiducia nelle informazioni raccolte negli ultimi anni sugli spostamenti di bin Laden – e l’ultima volta in cui gli Stati Uniti sono stati davvero vicini a catturare Osama bin Laden risale ancora alla battaglia di Tora Bora del dicembre 2001.
L’unica speranza per catturare Osama bin Laden, secondo Bergen, sarebbe quella di contare su alcune delle sue debolezze, che potrebbero segnalare con più precisione la sua presenza. Sappiamo che ama cavalcare purosangue e mangiare zucchine stufate, e potrebbe desiderare partecipare a qualcuno dei matrimoni dei suoi venti figli.
Bisognerebbe dedicare più tempo a dare la caccia a bin Laden. Non solo è ancora molto influente, ma la sua morte o la sua cattura scatenerebbe una feroce – e potenzialmente utile – guerra di successione. Tecnicamente il suo successore designato è l’egiziano Ayman al-Zawahiri. Eliminare bin Laden «creerebbe fratture all’interno del movimento, rinnoverebbe il dibattito all’interno dell’organizzazione sulla strategia globale da adottare e rimuoverebbe una figura capace di esercitare una grande influenza sulle nuove reclute», mi ha detto John McLaughlin, che è stato vice-direttore della CIA fino al 2004. O, per citare le parole di Roger Cressey, che ha coordinato le attività di contro-terrorismo del National Security Council al tempo degli attacchi dell’undici settembre: «Come possiamo chiudere il capitolo 9/11 se lui è ancora in giro?».