La rivolta in Egitto vista da Israele
Lo stato vicino preoccupato del possibile contagio a Gaza e di cosa sarà un nuovo potere egiziano
La rivolta egiziana contro il regime di Mubarak è vista con simpatia in gran parte del mondo e del mondo occidentale, ma anche con riflessioni su quale sia esattamente la sua natura e quale strada possa prendere: se la condizione di maggior modernità e apertura all’Occidente dell’Egitto rispetto agli altri stati mediorientali renda più probabile l’ipotesi di un percorso democratico, o se le componenti islamiste dell’opposizione al regime possano crescere e prevalere.
Ma se i sentimenti sono mescolati in Europa e negli Stati Uniti, la preoccupazione è invece molto più forte nella democrazia più vicina all’Egitto, quella di Israele. Dove i timori sono di due generi: che la rivolta possa contagiare le regioni palestinesi che si trovano sotto l’oppressione israeliana, Gaza in particolare, e che il suo vicino più importante, l’Egitto, possa cessare di essere l’interlocutore più disponibile tra gli stati della regione.
La corrispondente del Guardian da Gerusalemme scriveva stamattina che l’esercito israeliano è in allarme su quello che può succedere a Gaza, e sulla possibilità che il caos egiziano faccia arrivare nuove armi. Il passaggio di confine di Rafah è stato chiuso. Stamattina sul Corriere della Sera si riportavano le opinioni dell’ex ambasciatore israeliano negli USA Shoval Zalman e dello storico Benny Morris. Zalman vede la possibile caduta di Mubarak come un rischio di instabilità: “l’Egitto è il più importante paese arabo con cui siamo i pace”. Morris scrive che il regime di Mubarak è finito e si chiede se non ci sia un “rischio iraniano” nel futuro dell’Egitto, cosa che ribalterebbe completamente il quadro del Medio Oriente e persino il futuro del mondo.
I giornali israeliani seguono gli sviluppi egiziani con grandissima attenzione anche oggi. Stamattina il premier Netanyahu ha detto che “la pace tra Israele ed Egitto è durata per più di tre decenni e il nostro obiettivo è assicurare che queste relazioni continuino a esistere”.