Cinque cose su Davos
Moisés Naim spiega quanto sono vere (poco) le cose che si dicono ogni anno del Forum
Il Sole 24 Ore traduce oggi un articolo del giornalista e scrittore venezuelano Moisés Naím (era uscito sul Washington Post qualche giorno fa), buono per capire qualcosa di più su Davos per chi ne sa solo che “è un posto dove si riuniscono ricchi e potenti una volta all’anno”.
Ogni anno, a fine gennaio, circa 2.500 persone raggiungono Davos, in Svizzera, per il Forum economico mondiale, un’organizzazione senza fini di lucro fondata nel 1971 dal professore tedesco Klaus Schwab. Per cinque giorni i partecipanti assistono a seminari e riunioni sui temi più disparati. Per i critici, Davos rappresenta uno dei tanti strumenti in mano ai ricchi e ai potenti per difendere i propri privilegi. Per i suoi sostenitori, il Forum mira invece a promuovere la propria missione, quella di «migliorare la situazione del mondo». Qual è la realtà? Da vent’anni partecipo a queste riunioni e le seguenti sono le mie percezioni sui miti e le realtà di Davos.
1. Davos è un raduno di plutocrati. Falso.
Nonostante quasi la metà dei partecipanti siano dirigenti delle maggiori aziende al mondo, l’altra metà è formata da un gruppo molto vario e in costante crescita, composto da intellettuali, attivisti sociali, leader religiosi, sindacalisti, artisti, scienziati, dirigenti di organizzazioni non governative o enti internazionali.
È normale incrociare nei corridoi Umberto Eco, Nadine Gordimer o Bono, al pari di personaggi come Bill Gates, George Soros o Indra Nooyi, la presidentessa di PepsiCo. Tale diversità è evidente anche nei dibattiti. Le riunioni su povertà, ambiente o conflitti militari sono tanto frequenti quanto le discussioni su argomenti legati ad aziende e affari.
Tuttavia, la verità è che la ragione principale per cui professionisti tanto indaffarati si recano in un posto così lontano e scomodo come Davos non sono le tavole rotonde, quanto la possibilità di sviluppare una rete di contatti e rapporti con gli altri partecipanti.
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