Il Giappone vince la Coppa d’Asia
Con un gol bellissimo, tra l'altro
Il Giappone ha battuto l’Australia uno a zero e ha vinto la Coppa d’Asia. Decisivo un gol bellissimo segnato da Lee nei tempi supplementari. Prima della partita vi avevamo raccontato le quattro ragioni per cui valeva la pena di seguire questa finale: le trovate di seguito.
https://www.youtube.com/watch?v=FVsi57HjpY4
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Oggi alle 16 ora italiana – le 18 a Doha, in Qatar – si terrà la finale della Coppa d’Asia, il campionato continentale di calcio iniziato lo scorso 7 gennaio e organizzato proprio dalla nazione che ospiterà i mondiali nel 2022. In finale sono arrivate il Giappone e l’Australia: chi ha un abbonamento Sky potrà vedere la partita su Eurosport 2, gli altri la troveranno senza troppe difficoltà in streaming online. Per quanto il livello tecnico del torneo non sia assolutamente paragonabile a quello dei campionati europei, della Coppa America o della Coppa d’Africa, ci sono ottime ragioni per tenere un occhio sulla partita, oggi pomeriggio. Quattro ragioni.
Per l’Australia
La partita di oggi pomeriggio sarà probabilmente l’ultima apparizione della generazione d’oro del calcio australiano: giocatori come il portiere Schwarzer, il capitano Neill, Tim Cahill, Jason Culina, Brett Emerton e Harry Kewell hanno tutti superato i trent’anni, alcuni abbondantemente. Altri campioni del passato, come Bresciano e Grella, non sono stati convocati. Il bomber Viduka si è ritirato qualche anno fa. Questa è la generazione che ha guidato l’Australia ai mondiali del 2006 e a quelli del 2010. Nel 2006 erano allenati da Guus Hiddink e misero in grossa difficoltà l’Italia che sarebbe diventata campione del mondo. L’anno scorso non hanno centrato gli ottavi di finale a causa della differenza reti, ma avevano pareggiato col Ghana semifinalista e avevano battuto la Serbia di Stankovic. Stasera il portiere Schwarzer diventerà il giocatore con più presenze della storia della nazionale australiana. Ha trentotto anni: anche lui spera di salutare con un trofeo.
Per il Giappone
Non è la squadra di un solo talento – Nakata – dei mondiali del 2002 e nemmeno quella promettente ma immatura di quest’estate. Ha molti buoni giocatori – il terzino del Cesena Nagatomo, il portiere Kawashima, il capitano Hasebe – e un paio di campioni: il regista offensivo Keisuke Honda e lo stellare Kagawa, uno che sa giocare con entrambi i piedi e in qualsiasi ruolo dal centrocampo in su. Inoltre è una squadra giovanissima e molto tecnica, piena di talenti che promettono bene, che punta esplicitamente a un piazzamento importante ai mondiali del 2014. E per farlo ha deciso di affidare questo patrimonio a un allenatore di grande equilibrio ed esperienza: Alberto Zaccheroni.
Per Zaccheroni
La sua carriera in Italia è stata strana. È una persona schiva e umile, niente frasi a effetto, niente conferenze stampa incandescenti. Si è fatto notare negli anni Novanta allenando un’Udinese meravigliosa, ricordata ancora oggi come una delle squadre dal gioco più spettacolare che si sia vista negli ultimi trent’anni in Italia. È andato al Milan e ha vinto uno scudetto al primo colpo. L’anno dopo è arrivato terzo ma un litigio con Berlusconi – sai che novità – gli è costato la panchina. Da quel momento in poi, era il 2000, non è più riuscito ad allenare una squadra dall’inizio della stagione: lui che faceva della sua forza proprio l’organizzazione di gioco. È rimasto fermo due anni, poi nel 2002 ha preso la Lazio a poche giornate dalla fine della stagione, l’ha rimessa in sesto, l’ha portata alla clamorosa vittoria contro l’Inter del 5 maggio ma non è stato confermato. L’anno dopo lo chiama l’Inter, sempre a stagione iniziata: rimette in sesto la squadra, la porta a una qualificazione in Champions League tutt’altro che scontata ma non viene riconfermato. Rimane fermo altri tre anni. Nel 2006 va al Torino, a pochi giorni dall’inizio del campionato, viene esonerato a metà stagione. Rimane fermo altri tre anni e mezzo. Nel 2010 è la Juventus a riesumarlo, sempre a stagione ampiamente iniziata, per sostituire Ciro Ferrara. Ad agosto lo chiama il Giappone: sembra un pensionamento e invece è una favola. Vince le prime amichevoli, una addirittura contro l’Argentina. In Coppa d’Asia schianta cinque a zero i vicecampioni dell’Arabia Saudita, vince soffrendo contro i padroni di casa del Qatar e batte i favoriti della Corea del Sud. In Giappone vanno matti per lui, e lui se lo merita.
Perché è sempre un trofeo
Per i prossimi campionati europei bisognerà aspettare ancora un anno e mezzo. Per i prossimi mondiali bisognerà aspettare tre anni e mezzo. La finale di Champions League: sei mesi. Insomma, la finale di Coppa d’Asia è pur sempre una finale. In palio c’è una coppa vera, in campo due belle squadre, sugli spalti due tifoserie che ci tengono molto, se finisce pari ci saranno i supplementari e poi i rigori. Al Post abbiamo anche qualcuno per cui tifare, ma questo l’avete capito.
foto: Koki Nagahama/Getty Images