Il Secolo chiede a Umberto Ambrosoli di candidarsi a Milano
L'ultimo appello per "un modello virtuoso contagioso"
Nei giorni scorsi Umberto Ambrosoli, avvocato, figlio di Giorgio, aveva smentito di volersi candidare a sindaco di Milano, dopo le conversazioni avute con i leader di Futuro e Libertà e le notizie uscite sulla sua scelta, che era stata vista con favore anche da osservatori in attesa di una destra “diversa” da contrapporre a quella berlusconiana e morattiana, come Paolo Flores D’Arcais. Oggi sul Secolo ci riprova Luciano Lanna, a convincere Ambrosoli, e a coinvolgere sulla sua candidatura uno schieramento ampio ed eterogeneo, che inauguri un modello politico che Lanna spera esportabile a livello nazionale.
Il nostro è l’ultimo appello utile, forse pure fuori tempo massimo, a Umberto Ambrosoli. Il cambiamento che trasforma le cose non passa infatti per le alchimie del politichese ma per il coraggio dei singoli di assumersi in prima persona il “peso” della responsabilità pubblica. Ieri Paolo Flores d’Arcais sul Fatto Quotidiano osservava giustamente come ai piani alti delle nomenklature della politica che dovrebbe porsi dalla parte del cambiamento, «continua la morta gora dell’impotenza». E, in alternativa, rilanciava sulla necessità di candidature nuove per le più importanti elezioni amministrative del maggio prossimo. «Per Milano – ricordava – dovrebbe decidersi nei prossimi giorni Umberto Ambrosoli, oggi affermato e impegnato giovane avvocato, figlio di Giorgio Ambrosoli, assassinato da un sicario di Sindona, l'”eroe borghese” dello straordinario libro di Corrado Stajano e del film di Michele Placido con Fabrizio Bentivoglio. “Bettò”, come lo conoscevano gli amici, appartiene a quella che potremmo chiamare – aggiungeva quindi Flores d’Arcais – “destra risorgimentale”, legalità e senso dello Stato come valori supremi…».
Siamo oltre la vecchia discriminante destra-sinistra, insomma, per delineare invece le contrapposizioni reali, a partire da quella tra la cittadinanza attiva e la deriva antipolitica. «Se Ambrosoli – concludeva il suo ragionamento Flores d’Arcais – si candidasse formando una lista civica, tutta di cittadini con i suoi stessi intransigenti valori, assisteremmo a un vero scontro di civiltà contro il kombinat Moratti-Berlusconi e altre Minetti». Si determinerebbe, inevitabilmente, un modello virtuoso in grado di contagiare tutta la politica italiana. Alla partita parteciperebbero d’altronde tutte le forze che sono interessate a rompere schemi e riflessi condizionati e a far convergere tutta l’area democratica delle culture politiche del nostro paese. Dalla sinistra riformista, all’area cattolica sino, appunto, alla destra risorgimentale e legalitaria (quella, per guardare al solo mondo degli “opinion maker”, che passa anche attraverso figure quali Aldo Cazzullo, Beppe Severgnini o Massimo Gramellini ed è in grado di trovare sintonie con una sinistra alla Michele Serra). Abbiamo già scritto, infatti, che il rinnovamento della politica deve determinarsi fuori del Parlamento e passare attraverso le città che in primavera andranno al voto per poi, come con un effetto domino, contagiare e trasformare la percezione degli stessi schieramenti nazionali.
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