Wen Jiabao incontra i cinesi che ce l’hanno col governo
Wen Jiabao ha incontrato e ascoltato le persone che presentano reclami ufficiali contro lo Stato
di Simone Incontro
Per la prima volta nella storia della Repubblica popolare cinese un premier ha incontrato e ascoltato le persone che, come ogni anno, presentano il proprio dissenso attraverso la formula delle petizioni. Wen Jiabao ha visitato questa settimana a Pechino l’Ufficio Statale per le Lettere e le Petizioni e – dice l’agenzia Nuova Cina – ha incoraggiato i cittadini a criticare il governo e a denunciare le ingiustizie.
Nella visita a sorpresa – un po’ una delle specialità di “Nonno Wen”, com’è soprannominato il premier – Wen ha detto di voler “ascoltare i fatti” e ha esortato i cittadini a “illustrare i problemi in modo da migliorare l’azione del governo”. L’agenzia di Stato, ripresa poi da tutti i quotidiani cinesi, ha sottolineato che si tratta della prima volta dalla fondazione della Repubblica Popolare, nel 1949, che un capo del governo incontra direttamente i cosiddetti «petitioners»: i cittadini, in genere poveri se non poverissimi, che vengono nella capitale dalle province per presentare le loro lamentele contro le ingiustizie subite dalle autorità locali.
Secondo molti osservatori internazionali si tratta dell’ennesima studiatissima operazione di propaganda, come scrive anche Marco Del Corona, “in linea con il personaggio “Baobab” Wen, sempre fra i primi a presentarsi sui luoghi di drammi e tragedie, attento – anche troppo, secondo i detrattori – a ritagliarsi un ruolo populista di leader vicino alla gente”. Non ci sono dubbi che questo sia l’aspetto fondamentale della visita a sorpresa di Wen, ma è interessante notare come la “comparsata” del premier rispecchi la logica di un articolo comparso esattamente un anno fa – e tradotto su Polonews.info – sul Quotidiano del Popolo, organo del PCC, che riprende un’antica tematica cara a ogni struttura comunista in Cina e fuori della Cina: il dibattito sul rapporto tra la base del partito e i dirigenti, ovvero quello di una “corretta dialettica” tra vertice e strutture di massa. Nel testo tradotto da Anna Zanoli si ricordava:
Attualmente assistiamo a uno strano fenomeno: alcuni organi e quadri dirigenziali per “entrare in contatto con le masse” e “risolvere i problemi concreti delle masse”, non esitano a raccogliere le truppe, mobilitare i mezzi e “scendere alla base” con molto clamore. Tuttavia, dimostrano totale indifferenza verso le masse che “salgono ai vertici” per fare rapporto su una certa problematica, per esporre un problema o sollecitare una misura politica, e spesso si ha l’impressione che “entrare in contatto con qualcuno, vedere qualcuno e parlare con qualcuno sia estremamente difficile”.
Di fatto, si può entrare a contatto con il popolo in molti modi. “Scendere alla base” o accogliere le masse che “salgono ai vertici” sono buone occasioni per effettuare uno scambio di opinioni tra le masse e i quadri, si tratta di due modalità di eguale importanza che si integrano a vicenda, quindi non si può fare una e perdere di vista l’altra o favorire una delle due.
Per “risolvere i problemi concreti delle masse” ci sono molti mezzi e molti modi. Per esempio “scendere alla base” e risolvere faccia a faccia i problemi reali delle masse circa gli aspetti della vita e della produzione; oppure anche ascoltare attivamente la voce delle masse che “salgono ai vertici”, migliorare continuamente il proprio lavoro e lottare per la giustizia o ancora pubblicizzare tra le masse le politiche generali e specifiche di partito, eliminando i dubbi di tipo ideologico.
“Salire ai vertici” e “scendere alla base” sono due aspetti strettamente collegati, che si integrano e si influenzano a vicenda. Un quadro o un organo guida in primo luogo deve essere in grado di scendere ai piani bassi con sincerità. Inoltre bisogna trattare bene coloro che salgono ai piani alti, e cercare personalmente le ragioni per cui le masse salgono frequentemente ai piani alti. I quadri dovrebbero accogliere con piacere le masse che “salgono ai vertici”, ascoltare attentamente la loro voce e accertarsi di non trattarli in modo troppo freddo e distaccato. Inoltre bisognerebbe far sì che non fossero le masse a salire ai vertici, ma i quadri a scendere alla base.
Alla luce di questo, l’uscita di Wen e la seguente imponente copertura mediatica evidenziano come le petizioni, un meccanismo di antica tradizione imperiale, siano importanti alla luce del cambio tra la Quarta e la Quinta generazione dei leader cinesi. Nel Repubblica Impopolare cinese, Fabio Cavalera descrive il premier Wen come una persona aperta ed espansiva, un populista in grado di comprendere le emozioni collettive. Wen, descritto come un attento lettore di Adam Smith e Marco Aurelio, già dallo scorso agosto e proprio da Shenzhen, la città simbolo del miracolo economico del Dragone, ha cautamente ripetuto che alla Cina serve un cambiamento politico. Molti osservatori dubitano della sincerità delle dichiarazioni del premier, come quelle fatte nel corso di una sua intervista alla CNN nell’ottobre scorso, e puntualmente censurate in Cina, quando il leader cinese ha detto che “i desideri e i bisogni di democrazia e di libertà d’espressione delle persone sono irrefrenabili”. “Wen sa che non c’è alcuna possibilità che le sue parole vengano tradotte presto in azioni”, afferma Willy Lam, professore alla Chinese University di Hong Kong, sul Christian Science Monitor, “sospetto che sta facendo tutto questo per la sua stessa eredità; vuole essere ricordato come qualcuno che almeno ha provato a cambiare le cose”.
Wen aveva già provato a cambiare il corso della storia, quando si recò nel 1989 in piazza Tienanmen a parlare con gli studenti a fianco di Zhao Ziyang, l’allora segretario del PCC. Subito dopo gli scontri, Wen venne allontanato da ogni incarico. Nel 1992 Wen fu reintegrato nella politica con il ruolo di membro supplente dell’Ufficio politico del Comitato centrale del PCC: contemporaneamente lavorava nella Segreteria del partito. Cinque anni dopo è entrato a pieno titolo nell’Ufficio politico e da lì ha iniziato la sua seconda vita politica.