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  • Martedì 25 gennaio 2011

Il discorso sullo Stato dell’Unione, stanotte

Aneddoti e cose da sapere in vista del discorso di Obama al Congresso

di Francesco Costa

The US Capitol is seen in Washington on January 24, 2011, one day before President Barack delivers his State of the Union speech. Obama faced a US public hungry for jobs and Republicans eager to oust him in 2012 as he readied his yearly State of the Union speech in a tense new era of power-sharing. Obama steps up at 9:00 pm Tuesday (0200 GMT Wednesday) to address a joint session of Congress and a television audience in the tens of millions -- his highest profile shot at defining his reinvigorated, retooled presidency. AFP PHOTO/Nicholas KAMM (Photo credit should read NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images)
The US Capitol is seen in Washington on January 24, 2011, one day before President Barack delivers his State of the Union speech. Obama faced a US public hungry for jobs and Republicans eager to oust him in 2012 as he readied his yearly State of the Union speech in a tense new era of power-sharing. Obama steps up at 9:00 pm Tuesday (0200 GMT Wednesday) to address a joint session of Congress and a television audience in the tens of millions -- his highest profile shot at defining his reinvigorated, retooled presidency. AFP PHOTO/Nicholas KAMM (Photo credit should read NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images)

Questa notte, quando in Italia saranno le tre del mattino di mercoledì e a Washington saranno le 21 di martedì, il presidente americano Barack Obama davanti a una sessione plenaria del Congresso terrà l’annuale discorso sullo Stato dell’Unione, uno degli appuntamenti fissi più importanti e attesi della politica statunitense.

Che cos’è
La Costituzione americana prevede che il presidente “di tanto in tanto” dia informazioni al Congresso riguardo lo stato della nazione e i suoi programmi per il futuro. Nel tempo l’appuntamento ha assunto una scadenza fissa: una volta l’anno, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, il presidente degli Stati Uniti riferisce al Congresso in seduta plenaria alla presenza dei membri del governo e della Corte Suprema: rende conto delle condizioni della nazione e descrive la sua agenda e le sue priorità per l’anno a venire. Il discorso si tiene alla Camera, che ospita anche i cento membri del Senato. Accanto allo speaker della Camera siede il vicepresidente degli Stati Uniti, che è anche presidente del Senato. Barack Obama ha appena cominciato il suo terzo anno alla Casa Bianca ma questo è il suo secondo discorso sullo Stato dell’Unione: il primo, pronunciato a pochissimi giorni dal suo insediamento, tecnicamente non è un discorso sullo Stato dell’Unione bensì un semplice discorso alla seduta plenaria del Congresso (questo perché si presume che il presidente non possa ancora rendere conto al Congresso sullo stato dell’Unione, essendosi appena insediato).

Un po’ di storia
Il primo discorso sullo Stato dell’Unione è di George Washington e risale al 1790. Nel 1801, però, Thomas Jefferson interruppe la tradizione, limitandosi a inviare al Congresso una copia scritta del discorso: pronunciarlo in aula gli sembrava un tentativo di scimmiottare il “discorso del trono” che si teneva abitualmente in Regno Unito. La tradizione venne reintrodotta da Woodrow Wilson nel 1913, sebbene con qualche eccezione: nel 1981, per dire, Jimmy Carter non si presentò in aula e inviò al Congresso una copia scritta del discorso. Da quel momento in poi, comunque, nessun presidente rinunciò più alla possibilità di occupare un’ora di spazio televisivo in prima serata senza poter essere contraddetto e soprattutto senza spendere un dollaro.

Il designated survivor
Come avrete capito, questa sera saranno riuniti nello stesso posto: tutti i deputati, tutti i senatori, tutti i membri del governo, i giudici della Corte Suprema, il presidente e il vicepresidente degli Stati Uniti. Per quanto il Congresso sia blindato e super protetto, si tratta di una circostanza piuttosto pericolosa: in caso di attentato, esplosione, bombardamento, aereo di linea dirottato, eccetera, gli Stati Uniti si troverebbero decapitati, privi di qualsiasi forma di autorità nazionale riconosciuta. Per questa ragione ogni volta che un presidente si rivolte al Congresso in seduta plenaria – quindi anche ma non solo durante il discorso sullo Stato dell’Unione – un membro del governo non partecipa all’evento: se ne sta da un’altra parte, in una località sconosciuta e sicura, e fa il designated survivor, il sopravvissuto designato, pronto a guidare la nazione dovesse accadere il patatrac.

Questa pratica è stata istituita durante la guerra fredda, nel timore di un attacco nucleare. Durante il discorso dello Stato dell’Unione, al designated survivor viene assegnato un servizio di protezione speculare e identico a quello solitamente riservato ai presidenti, compreso un accompagnatore che porta con sè il nuclear football, la valigetta con i codici nucleari. In momenti particolarmente complicati della storia degli Stati Uniti, il designated survivor è stato il vicepresidente, così da assicurare al paese una leadership forte in caso di catastrofe: nel 2001, durante il discorso del presidente Bush in seguito agli attentati dell’11 settembre, il designated survivor fu proprio il vice presidente Cheney.

La risposta
È tradizione che il partito di opposizione tenga una “risposta” al discorso del presidente, trasmessa dai network televisivi poco dopo la fine del discorso al Congresso. È un modo per catalizzare l’attenzione dei mezzi di comunicazione e per fornire una risposta immediata alle affermazioni del presidente, anche se non è uno strumento di grande efficacia: non si ricordano grandi e storiche risposte ai discorsi presidenziali, mentre invece sentire un discorso normale da un luogo normale da parte di un politico normale, spesso sconosciuto ai più, poco dopo la massima solennità del discorso del presidente al Congresso, finisce spesso per mettere in imbarazzo e ridimensionare l’opposizione stessa, piuttosto che giovarle. Stasera il discorso di risposta a Obama sarà tenuto dal Paul Ryan, deputato repubblicano del Wisconsin, presidente della commissione finanze della Camera (i tea party si faranno la risposta a Obama per conto loro: parlerà la deputata Michelle Bachmann del Minnesota, una molto fuori di testa).

Il discorso di stasera
È il primo discorso da quando i repubblicani hanno preso il controllo della Camera e quindi è anche il primo discorso di John Boehner come speaker della Camera. È molto atteso perché è l’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione prima dell’inizio della campagna elettorale per le presidenziali e perché mostrerà se e come cambierà l’atteggiamento di Obama ora che non ha più a che fare con un Congresso a maggioranza democratica. Obama arriva a questo discorso molto bene, forte dei segnali di ripresa dell’economia, di una serie di recenti conquiste legislative – il trattato START, le misure di stimolo all’economia introdotte coi tagli alle tasse, l’abolizione del don’t ask don’t tell – e di sondaggi sul suo conto che non erano così positivi da oltre un anno. Dedicherà sicuramente molto spazio e molta attenzione all’economia e alla creazione di posti di lavoro, enumerando le cose già fatte dalla sua amministrazione e quelle che ha in progetto.

Quello che tutti aspettano di vedere è il modo in cui sarà distribuita l’enfasi tra due temi contrapposti: la necessità di ridurre il debito pubblico e quella di sostenere l’economia senza strozzare i consumi. Secondo il Wall Street Journal, Obama parlerà della necessità di fare investimenti sull’istruzione, le infrastrutture e la ricerca, allo scopo di rimettere in piedi il paese e creare nuovi posti di lavoro; secondo il New York Times, invece, Obama cercherà di soffiare il tema della riduzione del debito ai repubblicani, annunciando tagli a sprechi e spese inutili senza toccare il welfare. Il discorso si potrà vedere sulla CNN, anche online, e sul sito della Casa Bianca, dove saranno disponibili in tempo reale grafici, cifre e documenti per approfondire quanto detto dal presidente. Un deputato democratico, Mark Udall del Colorado, ha proposto che questa sera democratici e repubblicani si siedano mescolandosi e non dividendosi per appartenenza come sempre, per dare un segnale di unità e riconciliazione al paese alla luce della strage di Tucson: una sessantina di parlamentari ha aderito alla sua proposta e stasera si siederà dove gli pare.

foto: NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images