Chi mi fa orrore
Roberto Saviano risponde a Marina Berlusconi, che ieri ha fatto male il suo lavoro di editore
La tensione tra l’autore che nel mondo dell’editoria è diventato sinonimo di grande investimento inatteso e il suo editore che se lo è trovato per le mani ieri forse ha raggiunto un punto di non ritorno. Certo, Roberto Saviano è molto più di un grande successo economico, e Mondadori è molto più di una grande macchina da soldi: ma quest’ultima ieri è sembrata essere anche molto meno, quando Marina Berlusconi, presidente di Mondadori, ha ritenuto di rispondere personalmente ma anche nella sua qualità di presidente a una dichiarazione di Saviano che nulla aveva a che fare col suo rapporto con l’editore.
«Mi fa letteralmente orrore che una persona come Roberto Saviano, che ha sempre dichiarato di voler dedicare ogni sua energia alla battaglia per il rispetto della libertà, della dignità delle persone e della legalità, sia arrivata a calpestare e di conseguenza a rinnegare tutto quello per cui ha sempre proclamato di battersi»
Cosa aveva detto Saviano lo racconta lui stesso su Repubblica oggi, una dedica ai magistrati di Milano della laurea honoris causa ricevuta ieri a Genova. E adesso la questione della sopravvivenza di un rapporto che era stato a lungo il rapporto di uno scrittore di successo e ammiratissimo con alcuni bravi e lungimiranti dipendenti di una grande azienda editoriale che avevano investito su di lui sembra essere arrivata a un vero showdown. Un conto è una polemica in teoria anche interessante ma poi divenuta capricciosa e superficiale sulla possibilità di essere antiberlusconiani lavorando per un’azienda berlusconiana, altro è avere un editore che annuncia ufficialmente che gli fanno orrore le cose che dici e che hai rinnegato te stesso. Una sventatezza che declina nel mondo della cultura dei libri e del mondo tradizionale delle libere idee l’atteggiamento che la proprietà berlusconiana è abituata ad avere con le televisioni.
Oggi Saviano risponde a Marina Berlusconi, presentando il suo discorso di ieri (un intervento su un tema a lui caro, quello della forza della parola, dove le parole incriminate occupavano sì e no cinque secondi finali), e descrive i meriti dei magistrati che ha citato ieri prescindendo da un sostegno a quello che stanno facendo oggi sul caso Ruby-Berlusconi: rendendo così ancora più sventata e precipitosa l’uscita di ieri di Marina Berlusconi. Ma non si sbilancia ancora sul suo rapporto con l’editore che gli ha dato forze e protezione che non troverà altrove, ma che sta facendo di tutto per liberarsene, nel modo peggiore.
Marina Berlusconi dichiara che le fa orrore che parlando di diritto si difenda un magistrato. Così facendo avrei rinnegato ciò per cui ho sempre proclamato di battermi. Così dice, ma forse Marina Berlusconi non conosce la storia della lotta alle mafie, perché difendere magistrati che da anni espongono loro stessi nel contrasto all’imprenditoria criminale del narcotraffico non vuol dire affatto rinnegare. Non c’è contraddizione nel dedicare una laurea in Giurisprudenza a chi attraverso il diritto cerca di trovare spiegazioni a ciò che sta accadendo nel nostro Paese. Mi avrebbe fatto piacere ascoltare nelle parole di un editore l’espressione “orrore” non verso di me, per una dedica di una laurea in Legge fatta ai magistrati. Mi avrebbe fatto piacere che la parola “orrore” fosse stata spesa per tutti quegli episodi di corruzione e di criminalità che da anni avvengono in questo paese, dalla strage di Castelvolturno sino alla conquista della ‘ndrine di molti affari in Lombardia. Ma verso questi episodi è stato scelto invece il silenzio.
Orrore mi fa chi sta colpevolmente e coscientemente cercando di delegittimare e isolare coloro che in questi anni hanno contrastato più di ogni altro le mafie. Ilda Boccassini, coordinatrice della Dda di Milano, ha chiuso le inchieste più importanti di sempre sulle mafie al Nord. Pietro Forno è un pm che ha affrontato la difficile inchiesta sulla P2 ed ha permesso un salto di qualità nelle indagini sugli abusi sessuali, abusi su minori. Antonio Sangermano, il più giovane, ha un’esperienza passata da magistrato a Messina, recentemente ha coordinato un’inchiesta, una delle prime in Italia, sulle “smart drugs”, le nuove droghe. Accusarli, isolari, delegittimarli, minacciare punizioni significa inevitabilmente indebolire la forza della magistratura in Italia, vuol dire togliere terreno al diritto. Favorire le mafie. Ecco perché ho dedicato a loro la lezione