Perché le donne sono più brave in politica
Uno studio dell'American Journal of Political Science rilancia la delicata questione del ruolo delle donne in politica
La delicata questione del ruolo delle donne in politica e, ancora più radicalmente, della loro scarsa presenza nei ruoli più importanti della società, è tornata a far discutere molto negli ultimi giorni negli Stati Uniti dopo l’anticipazione dei risultati di uno studio che sta per essere pubblicato dall’American Journal of Political Science.
A differenza di gran parte delle riflessioni sul tema, che tendono spesso a far prevalere illazioni e stereotipi su numeri e dati, lo studio in questione è il primo a proporre un’analisi rigorosa, che per la prima volta mette a confronto i risultati politici di uomini e donne su tutto il territorio degli Stati Uniti. E a sancire, senza lasciare spazio a dubbi di sorta, che le donne sono più brave: più tenaci, più produttive, più capaci di ottenere risultati.
Tra il 1984 e il 2004, le donne sono riuscite a ottenere per i loro distretti in media 49 milioni di dollari all’anno in più rispetto alle loro controparti maschili. Una differenza simile si osserva anche sul fronte delle vittorie politiche: le donne hanno sostenuto più progetti di legge (in media ventisei in più rispetto agli uomini per ogni legislatura) e attratto un maggiore un numero di sponsor per le loro cause rispetto ai loro colleghi. Inoltre, secondo uno studio dell’Università dell’Ohio che ha analizzato tutte i progetti di legge presentati tra il 1981 e il 2009, quelli che sono stati promossi da donne sono andati più avanti nell’iter legislativo, hanno ricevuto maggiore attenzione mediatica e sono stati considerati “importanti” con più facilità. A fare la differenza, conclude la ricerca, è una maggiore capacità delle donne di «dettare l’agenda nel lungo termine, costruire una coalizione, e chiudere trattative»
Il che naturalmente non significa che le donne siano migliori politici per natura. Secondo la ricerca, al contrario, le donne sono più brave in politica semplicemente perché, come in molti altri campi tradizionalmente dominati dagli uomini, sono costrette a esserlo se vogliono continuare a farne parte. Il problema è sempre lo stesso: le donne che ricoprono incarichi politicisono ancora così poche, che quelle che ce la fanno tendono spontaneamente a lavorare molto di più per sperare di essere riconosciute come pari.
Negli Stati Uniti, a più di novant’anni dall’ingresso della prima donna in Senato, le donne che fanno politica occupano ancora meno di un quinto dei posti disponibili. Del resto, secondo alcuni degli ultimi sondaggi, un americano su cinque ammette ancora apertamente che non voterebbe per un presidente donna, o che lo farebbe con molte riserve. «Dal momento che per le donne è più difficile avere successo in politica», spiega uno dei professori che hanno condotto la ricerca «è naturale che quelle che ce la fanno siano le più talentuose e caparbie».
Lo chiamano “L’Effetto Jackie Robinson”, un riferimento al primo giocatore afroamericano ammesso nella Major League che, non a caso, è stato uno dei migliori giocatori di baseball di tutti i tempi. I giocatori neri continuarono a battere i loro colleghi bianchi per molti anni dopo quel primo ingresso, perché il razzismo era ancora molto radicato nella cultura del baseball, e dovevi essere più bravo della media se volevi essere considerato all’altezza. Nel corso del tempo, naturalmente, questo gap di prestazione iniziò a scomparire, man mano che gli ostacoli razziali diminuivano. Ma nel breve periodo, squadre come i Dodgers, che vinsero sei semifinali e una finale delle World Series con Robinson, ne beneficiarono enormemente.