Il match più lungo
Francesca Schiavone vai ai quarti degli Open d'Australia, dopo una partita da primato
di Gianluca Comuniello
Quante cose ci stanno in 4 ore e 44 minuti? Spesso molte. Per Francesca Schiavone, nella domenica di mezzo degli Australian Open, ce n’è stata una sola: la sua partita di ottavi di finale contro Svetlana Kuznetsova, vinta per 6-4, 1-6, 16-14. Una sola cosa costruita sulle centinaia di micro-cose di cui è fatta una partita di tennis dai contorni epici.
Non si sa cosa stia succedendo al tennis moderno, non ci si spiega questa sua tendenza recente di flirtare con record di durata che sembravano scolpiti nel tempo. In poco più di sette mesi, tennis maschile e tennis femminile hanno ritoccato uno dei primati più affascinanti anche per chi questo sport non lo frequenta tutti i giorni: il record della partita più lunga. Nel giugno scorso a Wimbledon Isner e Mahut avevano seppellito il precedente primato maschile sotto undici ore e cinque minuti di aces e risposte sbagliate, in un match che aveva avuto bisogno di tre giorni per finire. Nella notte fra sabato e domenica, Francesca Schiavone e la sua avversaria russa hanno stabilito il record di durata per una partita Slam al femminile: 4 ore e 44 minuti per tre set giocati tutti d’un fiato, senza interruzioni, con le giocatrici affogate nel caldo dell’estate australiana.
E se il match di Wimbledon era stato il trionfo del minimalismo applicato al tennis (servizio e poco altro, risposte molto spesso sbagliate a causa della bontà del servizio e della scarsezza di chi stava alla risposta), la partita di questa notte ha invece offerto tutto il campionario di colpi tennistici concepiti nella storia del gioco: dritti, rovesci, passanti, servizi, volée (alcune delle quali sanguinosamente sbagliate). Kuznetsova, tanto per capire la portata dell’impresa di Francesca, è una vera: una che ora sta dietro in classifica, ma che nel passato ha saputo vincere il Roland Garros. Proprio come Schiavone. La classifica non più eccelsa della russa, conseguenza di un 2010 un po’ così, ha costretto le due campionesse a un incontro in ottavi, quando il torneo è ancora a metà percorso.
La “Schiavo” si è presa il primo set 6-4 grazie a un banale errore della russa. La quale ha replicato mettendo in cascina il secondo per 6-1. Il tassametro in quel momento diceva 1 ora e 44 minuti e già era una cosa inusuale: una durata parecchio sopra la media per un match in cui si erano giocati appena 17 games. Ma il bello doveva ancora venire e il bello è stato un terzo set di tre ore e trenta games che manda questa partita e le sue protagoniste dritte nella storia del torneo.
«Pensi che riguarderai il video della partita per intero?» hanno chiesto alla russa con una buona dose di sadismo nella conferenza stampa successiva al match. Ha detto che non lo sa e c’è da capirla: perchè sarebbe costretta a rivedere le sei occasioni in cui ha avuto il match sulla racchetta, di cui tre consecutive sull’8-7 del terzo set, quando si è issata 0-40 sul servizio Schiavone. Che ha deciso che non ci stava: non ne voleva sapere di stringere la mano alla sua avversaria, di spiegare ai giornalisti la sconfitta e di fare le valigie. Ha preso il suo orgoglio, che ormai è una sorta di marchio di fabbrica, e ha annullato i primi due matchpoint con colpi vincenti. Sul terzo, Kuznetsova ha sbagliato un rovescio in apnea. Sul 9-8 la situazione si è ripetuta, con il livello di gioco che saliva di pari passo con l’entusiasmo del pubblico australe (forse il migliore, per il tennis). Altri due matchpoint per la russa e ancora un servizio e un dritto della nostra per dire no. Not yet.
«Spero di poter far vedere il dvd di questo match a mio figlio, un giorno» ha invece risposto Francesca, orgogliosa di aver scritto un’altra bella pagina di sport. Una pagina in cui anche lei ha buttato le sue grandi occasioni per chiudere più in fretta. Sin dall’alba dell’impresa, quando a inizio secondo set ha avuto la possibilità di andare in fuga. E poi durante il gioco al massacro del terzo set, quando ha avuto due occasioni per servire per il match, rispettivamente sul 10-9 e poi sull’11-10. Ma le imprese sportive, come tutte le imprese umane, si costruiscono mettendo insieme grandi azioni e banali errori. Quindi, quando Schiavone è salita 15-14 nel terzo set a seguito di un pazzesco scambio chiuso con un passante di dritto, non tutti credevano che sarebbe finita.
Poteva finire perchè una delle due stramazzava al suolo, ma non perché una delle due vinceva («qualcuno vinca, per favore!» aveva urlato una spettatrice preoccupata a un certo punto). E invece Francesca si è issata a matchpoint per due volte e la russa ha detto no, ma il suo no era più debole. Schiavone ha capito che c’era una possibilità e allora ha seguito a rete un suo dritto di attacco e ha chiuso con una volée di dritto che ha rotto l’incantesimo di un match che sembrava non dover finire. Sono stati giocati 360 punti, per permettere a Francesca Schiavone di arrivare nei quarti di finale degli Australian Open, dove le tocca in premio di giocare contro la numero 1 del mondo, Caroline Wozniacki. Che sarà sicuramente più riposata di lei, martedì. Ma che forse scambierebbe il suo torneo con quello di Francesca, oggi.
Isner e Mahut non si conoscevano, prima del loro match storico e sono diventati grandi amici. Schiavone e Kuznetsova sono due veterane del circuito, si conoscono bene da tanto tempo e si rispettano. Meglio così, perchè anche loro, da oggi, staranno spesso nella stessa frase.