Il censimento nei Balcani
Lo ha chiesto l'Unione Europea e rischia di risvegliare tensioni etniche irrisolte
L’Unione Europea ha chiesto ai suoi paesi membri di fare uno studio della propria popolazione entro il 2011, e ha allargato questa richiesta ai paesi candidati all’ingresso nell’unione. Tra questi ci sono i paesi dei Balcani, che quindi sono prossimi a una approfondita indagine sulla propria popolazione. Il censimento, però, rischia di risvegliare tensioni etniche irrisolte. Presseurop ha tradotto in italiano l’articolo sul tema di Politika, il principale quotidiano serbo.
Il censimento delle popolazioni che dovrebbe essere organizzato quest’anno nei Balcani avrà un importante significato politico. L’aggiornamento dei dati demografici, economici e sociali avrà probabilmente conseguenze sui rapporti fra gli stati, rischierà di riaprire vecchie ferite e di ricordare le promesse non mantenute.
Il censimento fornirà senza dubbio un’immagine statistica credibile delle nostre vite. La prova numerica della pulizia etnica? È probabile. La ricomposizione confessionale della regione? Senza dubbio. Aiuterà ad adattare le liste elettorali alla realtà demografica? È possibile.
Il censimento, previsto inizialmente per la Serbia in aprile, è stato rimandato a ottobre. A causa della mancanza di denaro nelle casse dello stato, l’Unione europea ha dovuto aiutare finanziariamente Belgrado. Ma la Serbia prende tempo per rispondere alle richieste di Bruxelles, che chiede dati precisi sulle condizioni dei paesi candidati all’adesione [tutti i paesi dell’Ue dovranno procedere a un’inchiesta sulla loro popolazione nel 2011]. E in questo modo rischia di ricevere in ritardo anche i fondi destinati a questi paesi.
Dubito che le statistiche faranno piacere al potere. Probabilmente ricorderanno fatti spiacevoli che si è cercato di cancellare. Per esempio, il paese deve fare i conti con il problema della “peste bianca”, la denatalità: ogni anno la Serbia perde fra 30 e 40mila abitanti, all’incirca una città in meno ogni anno. Il censimento metterà anche in evidenza il problema della fuga dei cervelli. Ci ricorderà che siamo il terzo paese europeo, dopo l’Irlanda e l’Ungheria, con una diaspora equivalente alla popolazione che vive nel paese, o che siamo il quarto paese più pessimista del mondo.