La misura perduta
Berlusconi non è l'unico a uscire male da questa vicenda, scrive Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera
L’aggressività dei toni e la durezza della sostanza del messaggio di Silvio Berlusconi non aiutano né a chiarire la vicenda né a ricomporre il quadro politico. Certo, inquieta lo spiegamento di forze per seguire le tracce di centinaia di ospiti in una casa privata; come pure la prospettiva che il Paese resti bloccato per settimane, nell’attesa di un processo da cui potrebbe non emergere una prova decisiva. Ma, lasciati alla magistratura il proprio lavoro (il premier si presenti ai giudici e non chieda di punirli) e alla politica le proprie beghe, fatte salve le garanzie dovute a tutti i cittadini, inquieta anche la rappresentazione della vita civile che stiamo dando all’estero e che lasceremo alle prossime generazioni.
Preoccupa in particolare il fatto che il capo del governo non riesca a darsi nei comportamenti personali un profilo all’altezza dei suoi doveri istituzionali e anche della sua politica della famiglia, al centro quantomeno dei programmi elettorali. Uno dei punti di forza di Berlusconi è sempre stato lo stretto rapporto con le gerarchie ecclesiastiche. Finora il sostegno della Chiesa al centrodestra non è venuto meno, per quanto le rivelazioni sulla vita privata del premier abbiano causato disagio e turbamento tra i vescovi e talvolta anche Oltretevere. Ora il direttore di Avvenire Marco Tarquinio ricorda che «quando si ricoprono incarichi di visibilità il contegno è indivisibile dal ruolo» e l’Osservatore Romano pubblica la nota che esprime le preoccupazioni del Quirinale, come a farle proprie. L’impressione però è che non bastino i segnali che vengono dai quotidiani, per quanto autorevoli. Occorrerebbe, da parte della Chiesa, una parola più esplicita. La settimana scorsa, il Papa ha espresso davanti al corpo diplomatico le sue perplessità sull’educazione sessuale nelle scuole, con un intervento giudicato molto severo anche da osservatori in sintonia con il pontificato di Benedetto XVI. Quel che emerge dalle carte dell’inchiesta di Milano non è meno inquietante, anzi.