Haiti fa i conti col suo passato
L'ex dittatore Duvalier è stato fermato dalla polizia, ieri, accusato di corruzione
Domenica scorsa l’ex dittatore haitiano Jean-Claude Duvalier è tornato ad Haiti, a venticinque anni dalla rivolta popolare che lo costrinse a lasciare il potere e ritirarsi in esilio: una mossa definita dalla stampa internazionale “sorprendente” e “imbarazzante”, visto il clima di grande incertezza politica che vive in questi giorni Haiti, ancora in difficoltà per i danni provocati dal terremoto e di fatto senza un presidente in carica, visto che si attende di votare a febbraio il ballottaggio per le presidenziali.
Duvalier è stato protagonista di uno dei capitoli più tristi e oscuri della storia di Haiti. Suo padre, Francois Duvalier, fu dittatore di Haiti dal 1957 fino alla sua morte, nel 1971. I suoi anni al potere sono ricordati per l’uso della violenza da parte della polizia segreta, per la tortura degli oppositori politici nei campi di prigionia e per un culto della personalità con pochi precedenti: il governo di Haiti faceva circolare volantini con l’immagine di Cristo che posava una mano sulla spalla di Duvalier, e la scritta “io l’ho scelto”. A lui successe proprio Jean-Claude Duvalier, suo figlio, all’epoca diciannovenne. Che fece qualche timida riforma ma sostanzialmente continuò a governare con lo stesso pugno del padre, finché nel 1986 una rivolta popolare non lo costrinse alla fuga e all’esilio.
Duvalier era arrivato dalla Francia. Nell’estate del 2007 il presidente haitiano uscente, Rene Preval, aveva detto che Duvalier poteva tornare ad Haiti ma una volta nel paese avrebbe affrontato la giustizia, rendendo conto della morte di migliaia di persone e del furto di milioni di dollari. Nel paese può contare ancora su un qualche numero di sostenitori, che negli anni scorsi si sono fatti promotori di un’associazione per promuovere la sua immagine e magari, in futuro, agevolare il suo ritorno in patria e la sua candidatura alle presidenziali. Uno di questi sostenitori ha detto ad Associated Press che “lo vogliamo presidente perché non ci fidiamo di nessun altro: ha fatto delle cose brutte ma da quando se n’è andato non abbiamo stabilità”.
Jean-Claude Duvalier sperava probabilmente che il fragilissimo governo haitiano avesse altre cose per la testa, piuttosto che perseguirlo. Invece ieri un procuratore haitiano, accompagnato da diversi agenti di polizia e scortato da un elicottero, è entrato nell’albergo dove alloggiava Duvalier, lo ha prelevato e lo portato in un commissariato. La giustizia haitiana per il momento gli contesta solo il reato di corruzione: una minima parte di quelli di cui è accusato, a cominciare dal furto di centinaia di milioni di dollari coi cui scappò dal paese venticinque anni fa. Duvalier è stato rilasciato poche ore dopo il fermo. La questione però rimane aperta e avrà certamente un seguito, spiega Time: per quanto il governo di Haiti abbia enormi problemi da affrontare, non si può fare a meno di processare Duvalier.
“È come se Adolf Hitler fosse ancora vivo e arrivasse improvvisamente all’aeroporto di Berlino”, ha detto Georges Michael, storico haitiano. “Devi fare qualcosa”.
Resta il fatto che Duvalier è tornato ad Haiti volontariamente: nessuno lo ha costretto a lasciare la Francia, dov’era al sicuro. E quindi avrà avuto le sue ragioni per considerarsi al sicuro, protetto dai suoi sostenitori e dalle profonde radici del duvalierismo nella società haitiana. Il governo del presidente haitiano Latortue era pieno di ex sostenitori di Duvalier, soprattutto il ministero degli esteri: l’istituzione responsabile di aver dato a Duvalier il passaporto diplomatico con cui questo viaggia ovunque nel mondo.
Duvalier è ancora molto popolare tra gli haitiani più anziani, che ricordano il suo governo come un’epoca di ordine e solidità, fosse anche solo per il fatto che il paese aveva l’energia elettrica 24 ore su 24. I guai provocati dalla povertà e dal terremoto, infatti, hanno generato un clima di precarietà e disordine tale da far rimpiangere la solidità spietata della dittatura e farne dimenticare i tratti più odiosi e disumani. Durante l’interrogatorio a Duvalier, ieri, una folla di suoi sostenitori si era radunata sulla strada urlando slogan in suo favore. Altri cercano di rinfrescare la memoria agli haitiani, ricordando gli omicidi e i rapimenti politici della dittatura. Intanto Duvalier probabilmente non lascerà il paese ancora per un po’. E Haiti rimane senza un governo, in attesa che un controverso ballottaggio presidenziale possa dare all’isola qualche stabilità.
foto: THONY BELIZAIRE/AFP/Getty Images