«Voglio che l’America si comporti bene»
Il discorso di Barack Obama alla cerimonia di commemorazione delle vittime della strage di Tucson
Ieri sera Barack Obama era in Arizona per partecipare alla cerimonia di commemorazione delle vittime della strage di Tucson. Il presidente ha ricordato i sei morti e i quattordici feriti, evitando di soffermarsi sulle polemiche degli ultimi giorni sull’opportunità di rivedere le leggi sulle armi negli Stati Uniti. Abbiamo tradotto alcuni dei passaggi più significativi del discorso, che termina con un commovente ricordo di Christina, la vittima più giovane della strage: aveva nove anni.
[…] Sono venuto qui questa sera come un americano che, come tutti gli americani, vuole inginocchiarsi per pregare con voi oggi e per stare accanto a voi domani. Non c’è nulla che io possa dire per riempire il vuoto che d’improvviso si è formato nei vostri cuori. Ma ricordate: le speranze di una nazione sono tutte qui questa sera. Piangiamo con voi chi non c’è più. Ci uniamo al vostro dolore. E confidiamo come voi che Gabrielle Giffords e le altre vittime sopravvissute a questa tragedia possano farcela.
[…] Sabato mattina, Gabby, il suo staff e i suoi sostenitori si sono ritrovati all’esterno di un supermercato per esercitare il loro diritto a riunirsi ed esprimersi liberamente. Stavano compiendo uno dei principi fondamentali della democrazia immaginata dai nostri padri fondatori: coloro che rappresentano il popolo che rispondono alle domande dei loro elettori, così da poter portare le loro preoccupazioni nella capitale. […] E quella scena così americana è stata la scena distrutta dai proiettili. E le sei persone che hanno perso la loro vita sabato, anche loro rappresentano che cosa di meglio c’è in noi, il meglio dell’America.
[…] Sapete, quando ci colpisce una tragedia come questa, fa parte della nostra natura chiederci qualche spiegazione, cercare di mettere un po’ d’ordine nel caos e trovare un senso a qualcosa che sembra non avere alcun senso. Stiamo già assistendo all’inizio di un dibattito sulla vicenda in tutta la nazione, non solo sulle motivazioni che hanno portato a questi omicidi, ma anche su tutto quello che riguarda le nostre leggi sulle armi e l’adeguatezza del nostro sistema sanitario nel curare chi ha problemi mentali. E buona parte di questo processo, che riguarda che cosa potrebbe essere fatto per evitare altre simili tragedie in futuro, è una parte essenziale per esercitare il nostro autogoverno.
[…] La Bibbia ci dice che c’è il male nel mondo, e che le cose terribili accadono per motivi che superano le nostre capacità di comprendere. Usando le parole di Giobbe: «Aspettavo la luce ed è venuto il buio». Le cose brutte succedono, e dobbiamo evitare le spiegazioni semplicistiche dopo che sono avvenute. […]
Certo, dobbiamo esaminare tutti i fatti dietro questa tragedia. Non possiamo e non saremo passivi davanti a una tale violenza. Dovremo essere in grado di affrontare le nostre vecchie convinzioni per ridurre le possibilità che si verifichino altre simili tragedie in futuro. Ma quello che non possiamo fare è sfruttare questa tragedia come un’ulteriore occasione di metterci uno contro l’altro. Non lo possiamo fare. Non lo possiamo fare.
[…] Sono convinto che con tutti i nostri difetti, siamo comunque pieni di senso della morale e di bontà, e che le cose che ci dividono non sono così forti come le cose che ci uniscono. Questo è quello che credo, forse in parte perché era ciò in cui credeva una bambina come Christina Taylor Green.
Immaginate, immaginate per un momento, qui c’era una ragazzina che stava appena iniziando a essere consapevole della democrazia; stava appena iniziando a comprendere i doveri dell’essere una cittadina; iniziava a mettere a fuoco il fatto che un giorno anche lei avrebbe potuto rivestire un ruolo importante per il futuro della nazione. Era stata eletta nel consiglio della sua scuola. Vedeva il fatto di mettersi al servizio del pubblico come una cosa entusiasmante e incoraggiante. Era là per incontrare la sua deputata, qualcuno di cui si fidava e che poteva essere un modello di riferimento. Vedeva tutto questo attraverso gli occhi di una bambina, immuni al cinismo e alle invettive che noi adulti diamo spesso per scontati.
Voglio mantenere in vita le sue aspettative. Voglio che la nostra democrazia sia bella come Christina l’aveva immaginata. Voglio che l’America si comporti bene come aveva immaginato lei. Tutti noi, tutti dovremmo fare tutto ciò che è nelle nostre capacità per fare in modo che questo paese mantenga in vita le aspettative dei nostri bambini.
Come è stato già detto, Christina era nata l’11 settembre del 2001, uno dei 50 bambini nati in quel giorno e ritratti nel libro “Faces of Hope”. Accanto a quella foto in quel libro c’erano alcuni semplici desideri di un bambino. “Spero darai una mano a chi ne ha bisogno” diceva uno di questi. “Spero tu conosca tutte le parole dell’inno nazionale e spero tu le voglia cantare con la mano sul cuore”. “Spero tu possa saltare nelle pozzanghere”.
Se ci sono delle pozzanghere in Paradiso, spero che Christina ci possa saltare dentro oggi. E qui su questa Terra, qui sulla Terra, mettiamo le nostre mani sui nostri cuori e impegnamoci come americani a realizzare un paese che sia per sempre degno della sua gentilezza, del suo spirito felice.