Belluno andrà in Trentino Alto Adige?
La provincia voterà oggi per indire un referendum sullo spostamento dal Veneto che garantisca maggiori autonomie
Oggi il Consiglio della provincia di Belluno si pronuncerà sulla richiesta del Comitato promotore che vuole indire un referendum per spostare la provincia dal Veneto al Trentino Alto Adige. Gli autori dell’iniziativa hanno lavorato per più di un anno al progetto, raccogliendo 18mila firme e facendo conoscere la loro proposta nel capoluogo e nei tanti paesi della zona. Secondo i promotori del referendum, lo spostamento consentirebbe all’area di Belluno di concorrere alla pari con le province di Trento, Bolzano, Udine e Pordenone che grazie agli statuti speciali regionali e provinciali godono di maggiori autonomie per la gestione del territorio.
Molte province “concorrenti” possono far ricorso a finanziamenti a fondo perduto in numerosi settori e possono amministrare le loro spese con maggiori autonomie rispetto alla loro regione di appartenenza, spiegano i responsabili del comitato che vogliono il referendum. Il sociologo Diego Cason è uno dei più convinti sostenitori dell’iniziativa e ha spiegato le ragioni della richiesta dello spostamento della provincia in un “Manifesto referendario”.
1. È l’unica possibilità per l’intera provincia di evitare la dissoluzione come entità autonoma.
2. È l’unica proposta in grado di dare sufficiente forza alle comunità all’interno di una nuova collocazione amministrativa.
3. È la migliore tra le ipotesi di trasferimento amministrativo, poiché la regione Trentino non esiste come ente amministrativo accentrante, essa è un mero contenitore di due province autonome alle quali non viene “annessa” Belluno, che diventerebbe, invece, la terza provincia autonoma, necessariamente dotata di potere legislativo poiché la regione Trentino Alto Adige questo potere l’ha delegato alle province.
4. Questa soluzione inserirebbe la provincia in un contesto di due legislazioni (di Trento e Bolzano) attente ai problemi della montagna e capaci di proporre strumenti legislativi e regolamentari differenti, con una notevole esperienza accumulata, alla quale potremmo fare riferimento per acquisire competenze che altrimenti non avremmo a disposizione.
5. Le due province autonome si sono già dotate di Comunità comprensoriali (otto a Bolzano e undici a Trento) ed hanno già compreso come, nelle realtà montane, gli Enti amministrativi centrali sono strumenti per le diverse Comunità di valle, alle quali delegare molte delle competenze amministrative provinciali. Così l’adesione a questo modello riconoscerebbe non solo una teorica specificità della provincia ma una reale autonomia delle Comunità di valle, mantenendo una coesione amministrativa indispensabile per poter produrre politiche territoriali adeguate.
6. Il modello dei comprensori dotate d’ampie deleghe è ciò che ci serve per superare l’impotenza di amministrazioni comunali troppo piccole e quindi incapaci di produrre processi di reale autogoverno.
I promotori dell’iniziativa si rifanno all’articolo 132 della Costituzione, che si occupa dell’organizzazione in Regioni e Province del territorio italiano, riconoscendo la possibilità per i singoli enti di richiedere fusioni, separazioni o trasferimenti.
Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra.
Oggi il Consiglio provinciale dovrà quindi dare il proprio via libera per avviare l’iter burocratico necessario per indire il referendum. Salvo sorprese, il voto di oggi dovrebbe essere favorevole all’avvio della richiesta per ottenere la consultazione. La provincia dovrà quindi inviare una richiesta al Ministero dell’Interno, che avrà al massimo sei mesi di tempo per studiare la pratica e formulare il quesito sul quale gli abitanti dell’area di Belluno dovranno poi esprimersi con un sì o con un no.
Lo studio del caso da parte del ministero, spiega Cason sul Corriere delle Alpi, potrebbe essere lungo e complesso perché un simile referendum non si è mai svolto in questi termini. Fino a ora ci sono stati numerosi casi di paesi al confine tra due province che hanno fatto richiesta per spostare la loro provincia di riferimento, ma uno spostamento di un intero ente provinciale da una grande regione a una regione autonoma a statuto speciale è una novità.
Una volta elaborato il quesito, il Ministero dell’Interno dovrà passare le carte alla Cassazione, che avrà il computo di verificare l’ammissibilità del referendum. Ottenuto un parere positivo, toccherà infine al Presidente della Repubblica il compito di emettere un decreto che indichi modalità e tempi per lo svolgimento della consultazione. Il referendum sarà valido solamente se raggiungerà il quorum, ovvero il 50% più uno degli aventi diritto al voto.