Lo sbaglio sulla morte di Gabrielle Giffords
I media statunitensi si scusano per avere dato frettolosamente per morta la deputata colpita in Arizona
La sparatoria di ieri a Tucson è avvenuta quando in Arizona erano appena passate le 10 del mattino, le 18 in Italia. La notizia è arrivata sui giornali americani almeno un’ora dopo. Il primo lancio da parte di CNN si trova ancora su Twitter, e risale approssimativamente “20 ore fa”, cioè fra le 11 e le 12 del mattino in Arizona, tra le 19 e le 20 in Italia. Nel giro di pochi minuti i mezzi di informazione statunitensi e di tutto il mondo hanno rilanciato la notizia, parlando immediatamente del fatto che nella sparatoria era rimasta coinvolta una deputata statunitense e poi, pochi minuti dopo, che questa era stata colpita alla testa.
Poco dopo le 20 ha cominciato a circolare la voce per cui la deputata Giffords era morta. Oggi sappiamo che la prima testata a dare la notizia della morte di Gabrielle Giffords è stata la NPR, rispettato network radiofonico statunitense. I giornali italiani sono stati tra i primi al mondo a raccogliere la notizia della morte di Giffords, forse imbeccati da qualche lancio d’agenzia: le edizioni online di Repubblica, Corriere della Sera e Stampa scrivevano che la deputata era stata uccisa quando ancora moltissime testate americane sostenevano che le sue condizioni erano “ignote”, e tra queste CNN, New York Times e Fox News. Così è stato approssimativamente fino a poco prima delle 21, ora italiana, quando la notizia della morte di Gabrielle Giffords ha cominciato a diffondersi anche sulla stampa americana.
A poco a poco sia la CNN, che Fox News che il New York Times hanno aggiornato i loro articoli sostenendo che la deputata democratica era morta (il New York Times, tra l’altro, citando come fonti CNN e NPR, e non persone sul luogo dei fatti). A quel punto anche il Post – che fino a quel momento aveva dato conto solo dell’avvenuta sparatoria, aspettando notizie affidabili – dava notizia della morte della deputata Giffords, in un post-it, fidandosi di quanto riportato da tutte le maggiori testate statunitensi.
Pochi minuti dopo, però, dall’ospedale trapelava la notizia che Gabrielle Giffords era viva ed era stata operata d’urgenza. Tutte le testate si sono corrette. Sul Post abbiamo eliminato il post-it contenente la notizia errata. Si sono corrette anche le altre maggiori testate italiane, che erano state tra le prime al mondo a dare la falsa notizia della morte di Gabrielle Giffords. Fox News si è scusata in diretta per aver dato una notizia errata di tale importanza; il New York Times si è giustificato per l’errore inserendo una nota in fondo al proprio articolo. Anche il Post aveva seguito lo sbaglio, lavorando sull’aggregazione di testate solitamente affidabili. In serata sono arrivate anche le scuse di NPR, il network radiofonico che ha dato per primo la notizia falsa. Così Anna Cristopher, portavoce di NPR:
«Alle due esatte [le 20 in Italia, ndr] due nostre fonti ci hanno detto che la deputata era morta: una nell’ufficio dello sceriffo e una nello staff di un altro deputato, e abbiamo creduto loro in buona fede. Poco dopo, continuando a indagare, abbiamo scoperto che Giffords non era stata uccisa, e ci dispiace di aver diffuso una notizia errata»
Anna Christopher ha aggiunto che il network si è subito interrogato su come si era arrivati a dare una notizia falsa, ricostruendo la catena degli eventi. Quanto è successo ha generato un minimo dibattito tra i mezzi di informazione statunitensi, destinato probabilmente a ingrandirsi quando i fatti di Tucson non saranno più in corso (in questo momento ci sono ancora cinque persone in gravi condizioni e una seconda persona sospettata e ricercata). Un altro giornalista di NPR, David Folkenflik, ha scritto su Twitter che equivoci come quello di ieri “mostrano la difficoltà di fornire tempestivamente delle notizie” in circostanze come quella di ieri.
Quella di ieri è stata una classica situazione in cui si scontrano le due principali caratteristiche che dovrebbe avere il lavoro giornalistico in occasione di un fatto di cronaca: rapidità e accuratezza. All’aumentare dell’una, infatti, spesso diminuisce l’altra, e in parte si tratta di una dinamica inevitabile: dare le notizie il prima possibile vuol dire dedicare meno tempo – a volte nessun tempo – alla loro verifica, e quindi spesso permette di accorgersi di eventuali imprecisioni solo quando una notizia falsa sta già circolando, così come è accaduto ieri. Non è certamente solo un problema di difficoltà organizzativa: c’entra anche l’incredibile accelerazione impressa al flusso delle notizie dal ruolo e dalla rilevanza di internet, e la deprecabile inclinazione al sensazionalismo che porta molte testate a diffondere notizie false dandole per certe quando ancora non lo sono.
Una tra le pochissime testate giornalistiche al mondo a non dare la notizia falsa della morte di Gabrielle Giffords è stata la Associated Press, che ha spiegato di aver preferito aspettare in attesa di avere delle informazioni di prima mano. Se alla fine Giffords fosse morta davvero, però, sarebbero arrivati per ultimi: e forse i suoi clienti non sarebbero stati contenti. Il problema del giornalismo in questo genere di situazioni è tutto lì, in un lavoro che una volta aveva la ricerca di verità come priorità e oggi ne subisce molte altre.