Israele demolisce lo Shepherd Hotel
Uno storico edificio di Gerusalemme Est farà posto a nuovi insediamenti, criticati dai palestinesi e dagli Stati Uniti
Tre bulldozer israeliani hanno demolito lo storico Shepherd Hotel, nel quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est. Non è ancora chiaro se l’intero edificio è stato demolito o se è ne è stata abbattuta soltanto un’ala. Al posto di quanto distrutto, comunque, verrà costruito un insediamento israeliano, costituito da venti appartamenti. La demolizione è stata criticata dall’Autorità Nazionale Palestinese, da numerosi pacifisti israeliani e dell’amministrazione statunitense.
L’edificio era stato costruito negli anni Trenta e faceva parte del quartier generale di Amin al-Husseini, il Gran Mufti di Gerusalemme che combatté contro gli inglesi, i sionisti e si alleò con Hitler durante la seconda guerra mondiale. Quando Al-Husseini venne deportato dagli inglesi, l’edificio fu confiscato e trasformato in un avamposto militare dell’esercito britannico. Terminato il mandato britannico, l’edificio divenne di proprietà del re di Giordania, che lo ampliò pur mantenendone la struttura originaria e lo trasformò in un hotel. Dopo la guerra dei Sei Giorni, quando Israele annesse Gerusalemme Est, l’hotel divenne proprietà dello stato israeliano e venne impiegato come corte distrettuale dal ministero della giustizia.
Negli anni Ottanta l’edificio fu acquistato da Irving Moskowitz, un milionario ebreo americano gran sostenitore degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, proprio col fine di utilizzarlo per ospitare cittadini israeliani in un territorio rivendicato dai palestinesi. Sembra che da diversi anni Moskowitz stesse chiedendo l’approvazione per costruire appartamenti al posto dell’hotel, ormai abbandonato e in rovina. L’autorizzazione è arrivata soltanto nel luglio 2009: la decisione è stata presa dal sindaco di Gerusalemme, Nir Barkatdi, ma secondo alcuni, considerata la rilevanza nazionale della decisione, è probabile che sia stata avallata dal premier Netanyahu. L’amministrazione Obama aveva criticato il progetto, ma Nethanyahu non lo ha bloccato e ha sempre ribadito che gli israeliani hanno diritto di vivere in qualsiasi parte di Gerusalemme, essendo la capitale unita di Israele.
Lo scorso dicembre, il rifiuto da parte di Israele di fermare la costruzione di nuovi insediamenti in territori palestinesi ha portato gli Stati Uniti a sospendere i colloqui di pace, iniziati il 2 settembre. Nei prossimi giorni un inviato di Israele e uno dell’ANP si recheranno a Washington nel tentativo di trovare una soluzione per riprendere i negoziati. L’inviato palestinese ha dichiarato che i colloqui saranno unilaterali, cioè che parlerà soltanto con l’amministrazione americana, e ha accusato Netanyahu di condurre un doppio gioco: a livello internazionale si mostra intenzionato ad accelerare il processo di pace, in casa cerca di impedire in tutti i modi la creazione di uno stato palestinese. Dal canto suo il premier israeliano ha invitato i palestinesi a riprendere i colloqui diretti con Israele.
Durante la demolizione dell’hotel non si è verificata alcuna violenza. Adnan Husseini, governatore della regione che include Gerusalemme Est (che però è controllata concretamente da Israele), ha definito la distruzione dell’edificio un “atto barbarico”. Negli ultimi tempi svariate famiglie israeliane si sono spostate nei quartieri palestinesi di Gerusalemme est, nel tentativo di complicare la suddivisione della città nell’eventualità di un futuro accordo di pace. Al momento gli israeliani sarebbero circa 190mila israeliani, mentre i palestinesi sono circa 250mila.
foto: Uriel Sinai/Getty Images