Il coraggio dei giornali inglesi
L'Economist spiega i tre approcci con cui stanno cercando di affrontare la crisi e la rete
La crisi dei giornali di carta e il loro passaggio al digitale è tema noto e dibattuto: ha a che fare con la rivoluzione dell’informazione online ma anche con cambiamenti di abitudini più estesi. Il terreno è però anche molto fertile per l’innovazione – obbligata – e un luogo molto vivace in questo senso è la Gran Bretagna, come racconta l’Economist esponendo tre strade possibili sperimentate dalla stampa locale. Ma prima spiega i dati che rendono peculiare il mercato britannico.
1. Ci sono ben 9 quotidiani nazionali che vendono più di 200 mila copie
2. I tabloid Daily Mirror e Daily Express hanno perso circa due terzi della loro diffusione dalla metà degli anni Ottanta.
3. La pubblicità si è spostata online più rapidamente che negli altri paesi: già nel 2009 erano stati spesi più soldi in pubblicità online che sulla carta
4. I giornali britannici non ricevono contributi statali, a differenza da quelli francesi o italiani
5. E hanno invece un’agguerrita concorrenza da parte del ricco servizio pubblico della BBC
La prima strada per affrontare i tempi nuovi è quella, ampiamente dibattuta, del gruppo News Corporation di Rupert Murdoch: informazione online a pagamento. I giornali sono quattro: Times, Sunday Times, Sun, News of the World. A differenza dal Wall Street Journal, il Times non offre nessun contenuto gratuito: è tutto dietro “paywall” a 2 sterline alla settimana (il giornale di carta ne costa una).
Il risultato del passaggio a pagamento è stato un drastico crollo del numero dei lettori: stando a una ricerca solo il 14% dei lettori abituali del Times si è mai abbonato in qualche forma al sito, e solo l’1% dei non lettori abituali. La gran parte dei visitatori, di fronte alla richiesta di abbonamento, si rivolge al sito gratuito della BBC. Ma News Corporation ritiene che i guadagni pubblicitari siano comunque troppo esigui (la pubblicità online ha rese bassissime, per la grande concorrenza e la presunta minore efficacia) per poterci basare un business: e preferisce invece costruire un sistema di offerte commerciali agli abbonati (applicazioni per iPad, biglietti di spettacoli, vacanze): circa 250 mila persone hanno fatto acquisti di vino dal sito. In più, l’idea è costruire un servizio-comunità che garantisca la stabilità degli abbonati, come per le tv a pagamento: i concorrenti sono infatti spaventati dalla possibilità che Murdoch lo arricchisca con la rete BSkyB, che sta cercando di comprare.
Poi c’è la strada opposta: tutto gratis online, a partire dall’idea che proprio perché i guadagni pubblicitari sono unitariamente molto bassi bisogna fare dei numeri enormi per poterli rendere validi. Scelta che ha fatto il Daily Mail. Il sito del tabloid è ricco e vivace: sempre di contenuti da tabloid si tratta, ma più virato al gossip e al sesso che al terrorismo sensazionalista. Vanta 35 milioni di visitatori unici al mese, i suoi contenuti sono linkatissimi, e ha schiacciato la concorrenza del Daily Express. A oggi è il secondo sito del mondo per visite di un giornale, dopo quello del New York Times (che però annuncia forme di pagamento prossime, e sarà forse superato).
La strategia più articolata e rischiosa è quella dei quotidiani della famiglia Lebedev, Independent e Evening Standard. Il secondo è stato reso un giornale “free press”, raddoppiando i lettori (sono 700 mila) e tagliando i costi di distribuzione. Del primo (che era in notevoli difficoltà di raccolta pubblicitaria) è stata creata invece una versione economica – “i” – a soli 20 pence, ridotta e reimpaginata. Nessuno dei due ha fatto investimenti particolari sui rispettivi siti: l’idea è che i giovani possano ancora leggere i giornali di carta se possono pagarli poco, o niente.
Da questo elenco manca il Guardian, il più innovativo tra i quotidiani inglesi negli ultimi anni, sia in termini di grafica e contenuto che di presenza online: oggi è stato superato in visite dal sito del Daily Mail, ha costi di redazione molto alti e non ha la forza del gruppo Murdoch. Nel giro di pochi anni sembra già avere bisogno di nove strategie.
Le tre vie esposte dalla stampa britannica sono molto interessanti perché scommettono su ipotesi radicalmente diverse su quello che i lettori vogliono, su quello per cui sono disposti a pagare e sulla pubblicità online: ma anche perché “è molto improbabile che riescano tutte e tre, e può anche darsi che non ne riesca neanche una. Ma a nessuno dei casi manca il coraggio”.