Le condizioni da porre a Marchionne
Walter Veltroni scrive alla Stampa e dice la sua su FIAT, Mirafiori e la sinistra
Walter Veltroni scrive alla Stampa e dice la sua su FIAT, Mirafiori e la sinistra.
Caro direttore,
i progressisti possono essere quelli che, per contrastare la cattiva innovazione, scelgono di opporsi a qualsiasi innovazione, a difesa dell’esistente.Così però rischiano di condannarsi al minoritarismo e di non essere in grado di tutelare le ragioni stesse della loro identità. Per questo, l’ho detto più volte e come me Sergio Chiamparino, la parola chiave del centrosinistra non può essere «difendere», deve essere «cambiare». Seguirono questa regola i riformisti della Fiom, guidati da un giovanissimo Bruno Buozzi, quando nel 1923 – di fronte alla prospettiva della grande trasformazione Ford-tayloristica della fabbrica – firmarono con Giovanni Agnelli un accordo che concedeva al padrone maggiori spazi di iniziativa nella riorganizzazione del lavoro e delle sue condizioni, in cambio del riconoscimento al sindacato della piena capacità di rappresentanza dei lavoratori. Fu l’accordo che aprì la strada al contratto collettivo di lavoro: una rivoluzione nelle relazioni sindacali di allora.
Sono passati quasi cento anni. Ma oggi la sfida si ripropone, con impressionanti analogie: costruire un nuovo modello di relazioni sindacali per renderle capaci di «regolare» il rapporto e la prestazione di lavoro nella fase di investimenti reclamati dalla competizione globale e dall’innovazione tecnologica. Le regole della rappresentanza da ridefinire, per fare non meno, ma più contrattazione, in un contesto sicuro di diritti e di doveri: chi, scelto come, può firmare impegnando tutti, con qualsiasi clausola di responsabilità, esigibile sia da parte dei lavoratori, sia da parte dell’azienda.
Marchionne ha posto con chiarezza, durezza e per tempo il problema: come ha scritto Berta (Sole24Ore del 14 dicembre) «la Fiat intende dar seguito ai programmi di investimento solo se i regimi di orario e le condizioni di lavoro garantiranno massima efficienza». Non si tratta della proposta di abolire la contrattazione, o di ridimensionarne l’ambito e l’oggetto: è però certo che le tradizionali relazioni industriali, tutte incentrate sul contratto nazionale di categoria, non sono in gradi di «ospitare» il confronto tra le parti in modo tale da renderlo capace di fornire una risposta positiva alle esigenze di grandi e piccoli insediamenti produttivi nell’Europa del nuovo millennio. Ci vuole un contratto di lavoro costruito più a ridosso dell’organizzazione aziendale. Lo ha detto con parole chiare il Presidente di Federmeccanica, Pier Luigi Ceccardi: «Oggi ogni impresa ha sempre più caratteristiche sue proprie per tecnologia, organizzazione produttiva, prodotto, mercato. Ed anche, sottolineo, per realtà e stile di gestione delle relazioni industriali».