La volta che venne giù la statua di Saddam
La caduta della statua di Saddam Hussein fu orchestrata dall'esercito americano in cerca di consensi
Una delle immagini più note della guerra in Iraq è sicuramente quella della statua di Saddam Hussein che viene tirata giù dalla folla in piazza Firdos a Baghdad, il 9 aprile del 2003. Diffusa in tempo reale da tutte le televisioni del mondo, divenne subito il simbolo della liberazione dell’Iraq. “Baghdad è caduta”, titolavano il giorno dopo molti giornali. Erano passati solo venti giorni dall’inizio della guerra.
Oggi sappiamo che quello che sembrava la fine di una guerra breve in realtà fu l’inizio di un lungo e sanguinoso conflitto, avviatosi sulla via della risoluzione solo parecchi anni dopo. E un’inchiesta congiunta di New Yorker e ProPublica rivela ora alcuni particolari di quella giornata che mostrano come quelle immagini di straordinaria potenza visiva furono possibili anche grazie all’operazione mediatica orchestrata dall’esercito americano con la collaborazione di diversi mezzi di comunicazione, affascinati e distratti da quello che stavano osservando. Peter Maas, che era presente in piazza come inviato, spiega sul New Yorker quello che successe davvero quel giorno.
I media esagerarono il numero delle persone presenti
Le foto riprodotte da ProPublica mostrano che piazza Firdos in quel momento era semi vuota e che i media si concentrarono soltanto sulle immagini del gruppo di persone sotto alla statua per dare l’idea che fosse affollata. Peter Mass spiega così l’operazione: «Se guardi bene le riprese ti accorgi che raramente sono state usate inquadrature ampie e che la maggior parte delle persone che erano presenti erano soprattutto giornalisti e marine: c’erano pochissimi iracheni».
Gli Stati Uniti fornirono la mazza e la bandiera irachena
Fu il sergente dell’esercito americano Leon Lambert a dare agli iracheni presenti in piazza la mazza con cui colpire la base della statua di Saddam per poi tirarla giù. La stessa bandiera irachena che poi fu issata sulla statua fu portata in piazza da un soldato americano, il tenente Casey Kuhlman, che l’aveva comprata come souvenir. L’intera operazione durò in tutto due ore circa: durante quel periodo di tempo la CNN continuò a trasmettere immagini dalla piazza ogni quattro minuti.
I media ignorarono altri episodi più importanti
Maass dice che nella fretta di coprire quello che stava accadendo in piazza Firdos i media tralasciarono di seguire storie più importanti. «Quel giorno Bagdad era violenta e caotica. La città veniva saccheggiata da centinaia di persone che a bordo di camion, taxi, cavalli e carriole portavano via tutto quello che trovavano nei palazzi del governo, nei musei e persino negli ospedali».
Le testate chiesero a molti giornalisti di coprire soltanto quella storia
«Invece di incoraggiare gli inviati a trovare le notizie, molte testate li chiesero ai loro giornalisti di raccontare soltanto quello che era già passato nelle immagini televisive». Quando un giornalista cercò di spiegare al suo direttore che in realtà pochi iracheni erano stati veramente coinvolti durante la rimozione della statua, e che quelli presenti sembravano farlo più per compiacere la stampa che per altro, si sentì semplicemente rispondere di riattaccare il telefono e correre a scattare qualche foto.
Piazza Firdos peggiorò la guerra?
Maass cita infine uno studio della George Washington University, che dimostra le conseguenze negative prodotte dall’enfasi mediatica sugli eventi di piazza Firdos. La ripetizione di quelle immagini su tutti i canali e su tutti i giornali trasmise erroneamente l’idea che la guerra era già stata vinta e distolse l’attenzione dall’Iraq proprio nel momento in cui ce ne sarebbe stato più bisogno. «Senza l’immagine di quella statua che veniva giù», si legge nello studio «sarebbe stato molto più difficile dire “Missione Compiuta”».