“Le primarie fanno male al PD”
Così, almeno, sostiene Giovanni Sartori, sulla prima pagina del Corriere di oggi
Il dibattito sulle primarie nel PD e nel centrosinistra si fa fatica a chiamarlo dibattito: fatte le dovute eccezioni, ci sono quasi due gruppi di ultras, che si sopportano a stento e pensano il peggio l’uno dell’altro. La divisione ricalca alcune divisioni storiche della sinistra italiana, e altre più recenti: politica e cosiddetta società civile, veltroniani e dalemiani, bersaniani e vendoliani, eccetera. È difficile farsi una propria idea indipendente dall’adesione a questa o quella squadra, e ogni squadra può contare su un certo numero di contraddizioni. Ed è difficile discuterne concretamente, nel senso di discutere dei problemi collegati all’uso delle primarie senza essere accusati di sostenere la loro abolizione tout court, o apprezzarne gli effetti senza essere accusati di plebiscitarismo e cose del genere.
Oggi la stampa nazionale offre due contributi sul tema. Il primo è uno studio realizzato dall’istituto Demos di Ilvo Diamanti, che ha studiato le opinioni degli elettori del centrosinistra sul tema. Il secondo è l’editoriale di apertura del Corriere della Sera, firmato da Giovanni Sartori.
Le elezioni primarie sono una invenzione americana. E negli Stati Uniti servono specialmente (ma non soltanto) per selezionare i candidati alla presidenza del Paese. In Italia sono state, invece, una invenzione di Prodi e del suo fido Parisi. Dico invenzione e non importazione perché le primarie prodiane non erano una vera contesa, una vera gara; erano piuttosto un modo per rafforzare e legittimare un candidato che era un leader senza partito, che non aveva il sostegno di un suo partito.
Negli Stati Uniti esistono molte varietà di primarie, alcune «aperte» a tutti, altre «chiuse», e cioè riservate agli iscritti o a chi si dichiara tale. Ma non mi addentro in questa casistica, che è varia, cangiante e complessa. Il punto è che dopo il fallimento del progetto prodiano le primarie, quelle vere, sono state adottate dalla sinistra.
È una buona idea? In linea di principio, sì. Perché non c’è dubbio che le primarie sono uno strumento e un «aumento di democrazia» molto più efficace del voto di preferenza. Sono le primarie, ben più che le preferenze, a dare voce e peso effettivo all’elettorato nella scelta dei candidati. Inoltre la sinistra italiana soffre oggi di mancanza di idee, di nuove «idee di sinistra». E le primarie diventano una idea di sinistra, visto che Berlusconi ha una concezione padronale del suo partito, e visto, quindi, che per lui le primarie sono inaccettabili.