“Nei guai il caposcorta di Belpietro”
Il Giornale scrive che per i pm l'attentato dello scorso ottobre al direttore di Libero sarebbe "solo una montatura"
Lo scorso ottobre il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, fu coinvolto in un episodio singolare: il capo della sua scorta lo aveva accompagnato fino alla soglia del suo appartamento e poi, sceso per le scale, si era imbattuto in uno sconosciuto armato di una pistola. Questo gli aveva puntato l’arma addosso e aveva premuto il grilletto, ma il colpo non era partito. L’agente allora lo aveva messo in fuga sparando in alto con l’arma di ordinanza.
Seguirono giorni di solidarietà al giornalista e polemiche politiche, anche perché diversi dettagli della dinamica non risultavano chiari e non si riuscivano a trovare altri testimoni che non fossero lo stesso caposcorta. A un certo punto il Corriere della Sera scrisse: “tra i poliziotti circola uno strano convincimento: che l’agente di tutela del direttore di Libero si sia inventato tutto”. Tale circostanza sarebbe stata avvalorata da un precedente episodio che aveva visto protagonista lo stesso agente: un’aggressione sventata, anche quella piuttosto misteriosa, cui era seguita una promozione.
Tre mesi dopo, scrive il Giornale, “i pubblici ministeri si sono fatti un’idea abbastanza precisa”. L’indiscrezione è contenuta in un retroscena di cronaca giudiziaria: va presa con le molle ma va registrata, sia perché in questi giorni si parla di nuovo, per ragioni diverse, di Maurizio Belpietro e di finti attentati, sia perché il Giornale non è certo un giornale che si può assimilare alla sinistra rivale del centrodestra e di Libero. E intanto così scrive oggi.
La conclusione cui i due pm sarebbero giunti (il condizionale è d’obbligo, visto il riserbo che fin dall’inizio circonda le indagini) pone i magistrati in una situazione per alcuni aspetti lievemente imbarazzante. Compiute tutte le verifiche, eseguiti tutti gli esperimenti, valutate tutte le testimonianze, gli inquirenti sarebbero infatti arrivati a convincersi che in via Monte di Pietà, nel palazzo dove abita il direttore di Libero, quella sera non sia accaduto in realtà assolutamente nulla. Ovvero: che nessuno abbia cercato di fare la pelle al giornalista. Che sulle scale del palazzo non ci fosse nessun altro, se non il capo della squadra di poliziotti che vigila sulla sicurezza di Belpietro. E che tutto quanto accaduto- gli spari, l’allarme, eccetera – sia stato frutto, nella migliore delle ipotesi, di un errore di valutazione da parte dell’agente.
A essere determinante sarebbe la registrazione effettuata dalle telecamere a circuito chiuso presenti nella zona, che non hanno mostrato nessuna immagine riconducibile al presunto attentatore. Qui il racconto del Giornale si fa ancora più vago, e si dice che i pm starebbero tentando di far sì che una simile conclusione non diventi un boomerang per Belpietro, che i pm non ritengono responsabile della faccenda. Questo perché i pm avrebbero accertato che “il direttore di Libero ha percepito i fatti come se il pericolo fosse assolutamente reale” e “si è spaventato molto”. Anche l’agente avrebbe delle attenuanti, però, dice il Giornale: era stressato.
In teoria, se ora dovesse emergere che l’agente si è inventato tutto, gli andrebbero contestati diversi reati: procurato allarme, spari in luogo pubblico, simulazione di reato. Ma l’orientamento della Procura sarebbe, nei limiti del possibile, di non infierire su Alessandro. L’agente (già protagonista all’epoca di Mani Pulite di un agguato rimasto senza riscontri, quello al procuratore aggiunto di Milano Gerardo D’Ambrosio) potrebbe avere agito comunque in buona fede, sotto il peso di uno stress eccessivo. Proprio questo stato di stress avrebbe, d’altronde, convinto i vertici della questura ad allontanarlo dalla sezione Scorte e destinarlo ad un altro servizio.