Chi guadagna e chi perde col federalismo fiscale
Uno studio del PD fornisce un colpo d'occhio interessante, seppur parziale
Quando si parla di federalismo fiscale si usa spesso il tempo futuro – succederà, cambierà, migliorerà, peggiorerà – nonostante si faccia riferimento a un sistema di norme che è già entrato in vigore. In Italia esiste già un regime di proporzionalità diretta fra le imposte riscosse in una determinata area territoriale e le imposte effettivamente utilizzate da quell’area, introdotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione e dalla legge 42 del 5 maggio 2009.
La ragione per cui si usano ancora i verbi al futuro sta nel fatto che per diventare operativo, il regime necessita dei cosiddetti decreti attuativi: una serie di provvedimenti da approvare nell’arco di due anni dall’approvazione della legge del 2009. Il contenuto dei decreti attuativi verrà stabilito anche sulla base di quanto appurato da una commissione istituita dalla legge, la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, detta anche COPAFF. I dati elaborati fino a questo momento dalla commissione sono stati analizzati dal senatore del PD Marco Stradiotto, che ha diffuso quindi uno studio – ripreso oggi dai maggiori quotidiani – relativo all’impatto del federalismo fiscale sulle casse dei comuni italiani. Come, quindi, cambierà la distribuzione delle risorse quando queste saranno proporzionali alle imposte riscosse.
Lo studio è parziale, in quanto analizza soltanto gli effetti del decreto attuativo sul fisco comunale sui capoluoghi di provincia (registrandone la perdita di 445 milioni di euro a vantaggio di altre entità territoriali) e perché, come ha dichiarato a Repubblica Alberto Zanardi, professore di Scienze delle finanze all’università di Bologna, non tiene conto degli effetti del fondo perequativo provvisorio, che interverrà proprio per colmare in parte gli squilibri più evidenti. «I Comuni non gestiranno direttamente i tributi che lo Stato intende affidare loro, cambierà soltanto la fonte di alimentazione». In ogni caso la tabella dei dati, fornita dal Corriere della Sera, fornisce un colpo d’occhio su quali città saranno premiate dalla distribuzione proporzionale delle risorse e quali no.
La voce IMU, nella tabella, indica l’Imposta Municipale Unica: una tassa unica, introdotta dal federalismo fiscale, volta a comprendere e incorporare la gran parte delle imposte per i servizi locali. La tabella fa quindi la differenza tra l’attuale allocazione delle risorse, frutto del trasferimento dallo Stato ai comuni, e quanto invece incasserebbero i comuni, al netto dell’intervento del fondo perequativo, se potessero usufruire solo dell’introito dell’IMU.
foto: Sean Gallup/Getty Images