Italians di ritorno
Beppe Severgnini loda la legge che incentiva gli italiani all'estero a rientrare
Beppe Severgnini elogia la legge bipartisan approvata ieri in Senato che mira a convincere gli italiani all’estero a tornare in patria attraverso incentivi fiscali, riservati ai leaureati nati dopo il 1969 che abbiano lavorato gli ultimi due anni all’estero.
«Una cartolina per tutti gli Italians del mondo». È stata salutata così, in Senato, la nuova legge sul ritorno dei talenti. Chi è nato dopo il 1° gennaio 1969, possiede una laurea, ha lavorato negli ultimi due anni all’estero e decide di rientrare in Italia godrà di un forte incentivo fiscale: i maschi verranno tassati sul 30% del reddito, le femmine sul 20%.
La condizione: avviare un’attività di impresa o di lavoro autonomo, oppure essere assunti (ecco perché la nuova legge dovrebbe piacere anche alle aziende). Legge di iniziativa parlamentare (una delle poche), bipartisan (caso raro), approvata a larghissima maggioranza cinque ore prima della riforma dell’università (una coincidenza interessante). Solo Futuro & Libertà per l’Italia (Fli), trascinata da un tonitruante Mario Baldassari («un provvedimento inutile, demagogico e ipocrita!») ha votato contro. Gli hanno risposto i colleghi Mario Ferrara (Pdl): «Questa è una buona legge». E Tiziano Treu (Pd): «Certo, è una legge parziale. Basta, però, aspettare la palingenesi che non arriva. Questo è un contributo per aumentare l’attrattività dell’Italia».
E l’Italia ne ha bisogno. I laureati italiani all’estero sono quattro volte quelli tedeschi, due volte quelli francesi, tre volte quelli inglesi o spagnoli (dati Ocse). Il nostro Paese spende circa centomila euro per portare un ragazzo o una ragazza alla laurea. Spesso il laureato parte e va all’estero (questo è un bene); ma rischia di non tornare più (questo è un male).