Non è stata la Svezia a opporsi alla liberazione di Assange
Il ricorso che sarà esaminato oggi è stato presentato dalle autorità britanniche, mentre gli USA cercano nuovi capi d'accusa
La decisione di mantenere in cella Julian Assange a Londra è stata assunta interamente dalle autorità britanniche senza alcun coinvolgimento delle autorità della Svezia, che chiedono conto al fondatore di Wikileaks delle accuse di molestie sessuali mossegli da due donne svedesi. Inizialmente si era pensato che la Svezia si fosse opposta alla liberazione su cauzione di Assange, spiegano sul Guardian, e che i pubblici ministeri del Crown Prosecution Service (CPS) avessero semplicemente agito come rappresentati delle autorità svedesi. Dalla Svezia è invece arrivata una smentita: la decisione di opporsi alla liberazione su cauzione è stata assunta dal CPS e non ha coinvolto le autorità della Svezia, che del resto non avrebbero potuto avere molta voce in capitolo.
È la stessa portavoce dell’accusa svedese a confermare:
La decisione è stata assunta dall’accusa britannica. Ho avuto la conferma dal CPS questa mattina [ieri, 15 dicembre, ndr]: la scelta di ricorrere in appello per la cauzione ha interessato esclusivamente il CPS. L’accusa svedese non ha alcun titolo per effettuare simili scelte in Gran Bretagna. Spetta esclusivamente alle autorità britanniche.
I responsabili del CPS hanno confermato la versione delle autorità svedesi, ricordando che nei casi di estradizione le scelte sulla liberazione su cauzione vengono assunte dal paese in cui si trova l’imputato e non dal paese che lo accusa. La Gran Bretagna ha quindi applicato le proprie leggi e i propri regolamenti, avviando le normali procedure nei casi di estradizione, senza lasciare particolari margini di azione all’accusa svedese.
Le precisazioni delle autorità svedesi e di quelle britanniche chiariscono un poco l’intricata vicenda legata all’estradizione di Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks ha deciso di costituirsi a Londra lo scorso 7 dicembre e i magistrati hanno deciso di disporre l’arresto per evitare una sua fuga dal paese. Martedì i giudici hanno concesso ad Assange la possibilità di uscire dal carcere pagando una cauzione, ma la scelta del CPS di ricorrere in appello contro questa decisione ha fatto sì che il fondatore di Wikileaks si trovi ancora in carcere.
Questa mattina la Corte deciderà sul ricorso e il pubblico ministero del CPS sembra essere determinato a richiedere la detenzione di Assange fino a quando i giudici non si saranno espressi sulla richiesta di estradizione da parte della Svezia, decisione che potrebbe richiedere molti mesi prima di essere assunta.
Intanto, negli Stati Uniti le autorità stanno valutando le possibili strategie da intraprendere per avviare un’azione legale contro Assange in seguito alla diffusione dei dispacci della diplomazia statunitense attraverso Wikileaks. Le indagini si stanno concentrando sui rapporti tra il fondatore del sito web e Bradley Manning, il soldato che secondo le autorità avrebbe sottratto dai sistemi informatici del paese le informazioni riservate successivamente diffuse da Wikileaks. Dimostrando un collegamento diretto con Manning, le autorità potrebbero procedere anche nei confronti di Assange,
La prova più consistente in possesso degli inquirenti è al momento la cronologia di una chat, dove Manning avrebbe confidato di essere direttamente in contatto con Assange. I due si sarebbero parlati anche per concordare il modo in cui caricare i dati riservati dell’esercito e della diplomazia statunitense sul sito di Wikileaks. Manning non starebbe però collaborando con le autorità, rendendo più complessa la ricostruzione dei rapporti tra il militare e Julian Assange.